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venerdì 12 ottobre 2012

Monsieur Lazhar








Un film di Philippe Falrdeau
Con Fellag, Sophie Nélisse, Danielle Poulx, Jules Philippe. Emilien Néron
Titolo originale: Bachir Lazhar
Genere: drammatico
Durata: 94 min.
Sceneggiatura: Philippe Falardeau
Produttore: Luc Déry, Kim McCraw
Casa di produzione: Microscope Productions, Les Films Seville Pictures
Montaggio: Stefan Lafleur
Musiche: Martin Léon
Canada 2012


di Chiara Roggino


La musica di Martin Léon scivola lenta sui titoli di testa mentre un rullo di pittura color azzurro pallido ricopre a nuovo le pareti dell’aula scolastica. E’ qui che Martine Lachance si è tolta la vita, è qui che ella ha forse voluto comunicare “un messaggio violento”. “Ma non si può punire Martine Lachance perché Martine Lachance è morta”.





Philippe Falardeau e Monsieur Lazhar mettono davanti allo specchio l’infanzia e la cruda realtà di una prematura dipartita cercata e voluta tramite un atto di mera disperazione. E’ qui che interverrà il neo-maestro di scuola Bachir: un uomo tra i tanti, un “diverso”, rifugiato politico da terra algerina. Ad Algeri “La blanche” egli ha perso quanto più amava: la moglie e le due figlie. “Crisalidi” inermi prenderanno fuoco in un attentato terroristico. L’uomo, ex funzionario, poi proprietario di un ristorante, è solo in terra straniera: un’algida Montreal, coperta da una spessa coltre di neve. Lazhar (uno straordinario Fellag), uomo d’estrema cultura, si improvviserà insegnante per raccogliere l’eredità della moglie, per ritrovare nella fragilità dei suoi allievi la tenerezza delle figlie strappategli via con la forza.
Il pluripremiato Philippe Falardeau è stato recentemente incluso da Variety 2012 all’interno della lista dei 10 cineasti da tenere d’occhio. Noto per “La moitié gauche du frigo”, “Congorama”, e “C’est pas moi, je le jure!”, il suo quarto lungometraggio, Monsieur Lazhar ( candidato all’oscar 2011 quale miglior pellicola straniera), è un adattamento dalla pièce teatrale “Bachir Lazhar” scritta da Évelyne de la Chenelière. Dice Falardeau: “Sono stato toccato dal protagonista. Ho pensato che fosse un personaggio ricco e che avrebbe potuto essere abbastanza ricco per un film. Mi interessava la questione riguardante l’immigrazione e volevo utilizzarla internamente al percorso filmico. Non necessariamente per parlare di immigrati, anche se avrei voluto farlo, ma per raccontare noi stessi attraverso gli occhi di un immigrato. Il film si svolge in una scuola e discorre un po’ su chi siamo e dove siamo, ma attraverso gli occhi di qualcuno che ha origini diverse”.





Il cineasta franco-canadese scrive una sceneggiatura a partire da zero mettendo in atto un investimento creativo non sottovalutabile. Internamente all’allestimento filmico si viene a trovare vis à vis con un protagonista, un carattere forte. Il momento della creazione si dipana attorno a lui. C’è bisogno di tensione drammatica per sostenere l’interesse del pubblico. L’allievo protagonista di Monsieur Lazhar ( Simon) è totalmente assente dallo spettacolo teatrale pertanto il rapporto che ha intrecciato con l’ex insegnante e il suo successivo senso di colpa non fanno parte della messa in scena teatrale. Falardeau aggiunge così personaggi e situazioni accanto al personaggio principale.
Da quanto si vede nella pellicola in Canada un insegnante di scuola muore e un uomo qualunque si presenta dicendo: “Io posso insegnare” e viene assunto all’istante. Nel sistema educativo privato e nelle scuole private il “principale” è praticamente un dittatore. Egli può assumere chiunque gli aggradi. Naturalmente la preside compie un errore madornale. Ma se non lo avesse fatto non avremmo avuto alcuna storia. Monsieur Lazhar dice la verità al funzionario dell’immigrazione e al tempo stesso insegna “abusivamente” in una scuola. E lo fa per buone ragioni. Egli sa di poter aiutare i “suoi” bambini, ma ha anche un bisogno intimo, fisico, di trovarsi in quel determinato luogo. E’ un insegnante “accidentale”. E’ triste che alla fine non possa rimanere nella scuola, ma al tempo stesso il personaggio non è stato concepito per essere un insegnante per il resto della sua vita. In quel particolare momento egli rappresentava la persona giusta al momento giusto.
In qualsiasi luogo si abbia a che fare con numerosi enti sociali ( i genitori, il Ministero della Pubblica Istruzione, consiglio scolastico, insegnanti) si ha la necessità di un numero infinito di regole. Si cerca di prevedere tutto quel che può accadere e tutto diviene estremamente rigido. La preside e gli altri insegnanti non vogliono parlare della morte perché non vogliono sopraffare i bambini. Cosa che è già accaduta. Si ha anche questa esigenza: utilizzare specialisti per tutto, invece di usufruire della persona che è lì ogni giorno con loro, l’insegnante, per parlare di morte e suicidio. Nel film è la psicologa ad entrare in aula e a mettere da parte Lazhar nonostante il maestro non creda sia una buona idea. L’uomo ritiene che dovrebbe spettare a lui soltanto il compito di discutere con i bambini. E’ questione di fiducia nel potere delle parole e della comunicazione.




La fine del film è la correzione di una favola. Questo sarà il modo di Lazhar per dire addio alla classe. Attraverso un nuovo atto di insegnamento e comunicazione egli potrà accomiatarsi. Allora la piccola Alice deciderà spontaneamente di tornare in classe. La bimba ha bisogno di un abbraccio, vuole un abbraccio: lei lo chiede e Bachir contraccambia. Il gesto appare quasi un atto di ribellione: recarsi in un luogo e trasgredire un tabù, fare ciò per cui tutto ha avuto inizio. E’ stato presumibilmente un abbraccio a dare il via al dramma : un abbraccio tra Simon e la sua insegnante.
Dice Falardeau a proposito di Fellag e della scelta che lo ha condotto a farne il protagonista del suo film: “E’ divertente perché è un cabarettista. Mi è piaciuto il suo aspetto. Sono andato a vederlo a teatro. L’ho ascoltato. Egli ha dovuto abbandonare il suo paese a causa della guerra nel 1990. In tal modo conosceva intimamente il carattere del protagonista e ho pensato che avrei potuto utilizzarlo nel film. E’ anche un autore. Scrive romanzi e ha una grande sensibilità. Siamo diventati amici. Non era esattamente quel che stavo cercando in termini di “prestazione”. Era troppo teatrale per me. Un giorno mi disse: “So che pensi che io sia troppo teatrale, ma lavorerò duramente per questo film”. Così mi ha convinto . Come Bachir Lazhar anche Fellag non ha voglia di parlare troppo del suo passato, anche con i giornalisti. Non vuole che diventi un onere per le persone attorno a lui. Ha bisogno di tagliare i ponti con il suo passato per andare avanti”.