Visualizzazione post con etichetta Gary Oldman. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Gary Oldman. Mostra tutti i post

giovedì 12 luglio 2012

La talpa






Un film di Tomas Alfredson
Con Gary Oldman, Kathy Burke, Colin Firth, Benedict Cumberbutch, David Dencik, Stephen Grahm, Tom Hardy, John Hurt, Toby Jones, Jared Harris
Titolo originale: Tinker Tailor Soldier Spy
Genere: Spionaggio, thriller
Soggetto: John le Carré (romanzo)
Produzione: Tim Bevan, Eric Fellner, Robyn Slovo, Alexandra Ferguson
Casa di produzione: StudioCanal, Working Title Films
Produttore esecutivo: Liza Chasin, Ron Halpern, Debra Hayward, John le Carré, Peter Morgan, Douglas Urbanski
Montaggio: Dino Jonsater
Musiche: Alberto Iglesias
Scenografia: Maria Djurkovic


di Chiara Roggino




Ogni pedina ha un volto, ogni volto i suoi lineamenti: facce riportate in vita dalla vigile memoria dell’agente MI6 a riposo Smiley. Tinker tailor soldier spy. Al Circus (epico quartiere di Londra dove le Carré ambienta la sede dei servizi segreti inglesi), la sala riunioni è un non luogo in un non tempo. Le pareti dipinte a scacchiera architettano bizzarri giochi prospettici. Un’atmosfera sospesa, claustrofobica. Nella stanza-scacchiera personaggi ambigui discutono animatamente. Ritagliati in primi piani, spesso ripresi di tre quarti, si osservano l’un l’altro. Percy Alleline, Bill Haidon, Roy Bland, Toby Hesterhase. Chi tra loro è la talpa, la spia infiltrata da Karla (nome in codice del capo KGB russo) ai vertici del Circus? E’ il 1973 e in piena guerra fredda l’indagine viene affidata dal primo ministro inglese al semi-pensionato George Smiley. Fuori dalla ‘famiglia’, il vecchio Smiley sembra essere il più adatto a sciogliere l’arcano e aggiudicarsi la partita.






Datato 1974, “Tinker tailor soldier spy”, conosciuto in Italia come “La talpa”,è opera dello scrittore britannico John le Carré ( “ The spy who came in from the cold “, “The honourable schoolboy”, “ The Russia house”, “The tailor of Panama “, “The costant gardener “). Nel 1979 “Tinker, tailor, soldier, spy” sarà una miniserie tv per la regia di John Irving, protagonista uno straordinario Alec Guinness nelle vesti di George Smiley.
Nel 2011 lo svedese Tomas Alfredson (“Lasciami entrare”, 2008) traduce per il grande schermo la “partita a scacchi” condotta da un agente segreto molto umano e poco supereroe, lontano anni luce dallo stereotipo-Bond partorito dalla creatività di Ian Fleming (spia affascinante, sicura di sé, sprezzante del pericolo). Cammina quasi in punta di piedi l’agente Smiley. Spera di passare inosservato.
Un signore inglese anonimo e dimesso con una sfortunata vita sentimentale (sua moglie Ann non brilla per fedeltà). Occhiali spessi, vigile e sempre all’erta: quasi un grosso animale notturno. Come dice la moglie: “Un uomo capace di adattare la sua temperatura corporea a quella della stanza in cui si trova”.
Alfredson non ha dubbi. L’unico attore capace di incarnare l’imperfetta umanità di Smiley è Gary Oldman. L’attore britannico gioca di sottrazione facendo del suo agente in congedo un personaggio apparentemente distaccato per una mimica facciale inavvertibile, quasi assente. Di contrasto sarà lo sguardo ad essere mobile, a non perdere una mossa. Lo stesso Oldman paragonerà il suo personaggio a un gufo: “grande ascoltatore e enorme osservatore”. L’umana fragilità di Smiley apparirà manifesta in uno dei monologhi più intensi del film. L’agente racconta a Peter Guillam del suo unico incontro avvenuto con Karla nel 1955. Pochi minuti e il protagonista si concede alla parola, accantonando per un istante il mestiere di ascoltatore-uditore.
Le emozioni trasudano a fiotti per una recitazione che delega gli occhi a latori emozionali: dilatati, lucidi, offuscati dai ricordi. Alfredson allestisce nel cuore dell’indagine una nicchia protetta a dar parola all’umanità di Smiley, a mettere in luce le doti di un interprete superlativo. Oldman regala al suo pubblico un’interpretazione regale.Le parole riportano l’uomo in un passato che pare toccarsi con mano, un limbo fuori dal tempo in cui l’agente britannico può conversare con Karla così come una volta. Smiley si rivolge, quasi in trance, al suo interlocutore immaginario: un dialogo vis à vis con un vuoto mai così pieno e compreso di persone e significati. “ Non siamo così diversi io e te. Entrambi abbiamo passato la vita a cercare debolezze l’uno nel sistema dell’altro. Non credi che c’è qualcosa di buono sia nel tuo lato che nel mio?”. Poi torna in sé, al tempo presente.







Non dite ad Alfredson che il suo è un film di spie. Si altererebbe e non poco. Cosa succede quando l’identità pubblica si scontra con la sfera privata? Quante maschere siamo in grado di indossare per mantenere integra la nostra reputazione? Da questo plot filopirandelliano, un film robusto, mai prolisso. Una pellicola che si avvale di un montaggio impeccabile: tassello dopo tassello, incastro dopo incastro, a realizzare il mosaico perfetto.
A fine partita, individuato il colpevole, riparata la falla nel sistema di sicurezza del Circus, l’agente Smiley può occupare il posto che gli spetta. Scacco matto.