di Chiara Roggino
Gianni Amelio al Bobbio Film Festival 2012 (http://www.youtube.com/watch?v=XeDIaDl9aNg). Il cineasta calabrese, indole affabile per un porgersi agli interlocutori semplice e diretto, presenta in conferenza stampa il suo Primo uomo. Storia di un manoscritto incompiuto ritrovato in seguito a un incidente stradale, la personale vicenda dello scrittore franco algerino Albert Camus si intreccia a un'autoesposizione, rivelazione dell'intimo sé del Maestro del cinema italiano.
Interno
giorno. Un uomo disteso tra le lenzuola. Fuori dalle pareti
domestiche, Algeri: conflitti etnici, guerriglia. Stacco. Il volto di
un bambino sdraiato nella medesima postura si sostituisce al viso
maturo. E' il 2011 e Gianni Amelio si rifà a un vecchio manoscritto
incompiuto ritrovato in un'autovettura. Camus, la storia del primo
uomo Cormery, saranno pretesto
al cineasta italiano ad intessere un racconto ricco di spunti
personali e autocitazioni. Amelio stesso confesserà l'affinità
sussistente tra l'infanzia del bambino-Cormery di allora e la
propria fanciullezza consumata in Calabria: abbandonato a se stesso
crescerà in un nucleo familiare di sole donne, unica figura di
riferimento un maestro di scuola che l'aiuterà nel prosieguo degli
studi. L'infanzia di Camus-Amelio si consuma nel quotidiano di un
sole arroventato, il mare perenne orizzonte.
Il
romanzo Il primo uomo assumerà
pertanto la connotazione di pretesto per una necessità autoriale: esporsi in
prima persona raccontandosi attraverso il cinema. Non attendetevi un
adattamento fedele all'opera di Camus. La pellicola appartiene ad
Amelio e tale rimarrà fino alla comparsa dei titoli di coda.
Di
sottofondo, brusio assordante tra le strade di Algeri, il conflitto
etnico, la guerriglia, le bombe. “Il sangue chiama sangue”.
Fondamentale
sarà l'incontro tra l'uomo Cormery di ritorno alla terra natia e
l'antico compagno di scuola relegato nel ghetto arabo. Fra i due un
dialogo breve e intenso si fa appello alla necessità insoddisfatta
d'un concreto bisogno d'appartenenza etnica. Bisogno che diverrà per
il protagonista personale tormento. Lenta tornerà alla memoria la
prima scena della pellicola.
Cormery alla ricerca delle proprie origini, della tomba paterna:
perso nel nulla a contemplare una lapide tra filari d'alberi mossi
dal vento.
Straordinaria
la prova d'attore di Jacques Gamblin. Amelio racconterà di una gita
fuori porta in terra francofona, una lunga cena in compagnia
dell'attore chabroliano: rivelazione di un'intesa profonda, umana e
professionale assieme. Giorno dopo giorno, Gamblin si presenterà sul
set, perenne sorriso stampato sul volto. Atteggiamento di
disponibilità non sottovalutabile da parte di un regista che intenda
instaurare un rapporto simbiotico con la propria materia
prima: gli attori. L'interprete
francese, corpo e voce di Cormery, darà prova di una performance
che gioca in sottrazione, una mimica facciale di sorrisi appena
accennati, rughe a solcare la fronte di un personaggio marchiato da
forte disagio personale: apolide ed essere umano precario, sradicato
da sé e dalle proprie origini.