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sabato 11 agosto 2012

Bobbio Film Festival di Marco Bellocchio - Amelio presenta "Il primo uomo"


di Chiara Roggino

Gianni Amelio al Bobbio Film Festival 2012 (http://www.youtube.com/watch?v=XeDIaDl9aNg). Il cineasta calabrese, indole affabile per un porgersi agli interlocutori semplice e diretto, presenta in conferenza stampa il suo Primo uomo. Storia di un manoscritto incompiuto ritrovato in seguito a un incidente stradale, la personale vicenda dello scrittore franco algerino Albert Camus si intreccia a un'autoesposizione, rivelazione dell'intimo sé del Maestro del cinema italiano.



Interno giorno. Un uomo disteso tra le lenzuola. Fuori dalle pareti domestiche, Algeri: conflitti etnici, guerriglia. Stacco. Il volto di un bambino sdraiato nella medesima postura si sostituisce al viso maturo. E' il 2011 e Gianni Amelio si rifà a un vecchio manoscritto incompiuto ritrovato in un'autovettura. Camus, la storia del primo uomo Cormery, saranno pretesto al cineasta italiano ad intessere un racconto ricco di spunti personali e autocitazioni. Amelio stesso confesserà l'affinità sussistente tra l'infanzia del bambino-Cormery di allora e la propria fanciullezza consumata in Calabria: abbandonato a se stesso crescerà in un nucleo familiare di sole donne, unica figura di riferimento un maestro di scuola che l'aiuterà nel prosieguo degli studi. L'infanzia di Camus-Amelio si consuma nel quotidiano di un sole arroventato, il mare perenne orizzonte.
Il romanzo Il primo uomo assumerà pertanto la connotazione di pretesto per una necessità autoriale: esporsi in prima persona raccontandosi attraverso il cinema. Non attendetevi un adattamento fedele all'opera di Camus. La pellicola appartiene ad Amelio e tale rimarrà fino alla comparsa dei titoli di coda.
Di sottofondo, brusio assordante tra le strade di Algeri, il conflitto etnico, la guerriglia, le bombe. “Il sangue chiama sangue”.
Fondamentale sarà l'incontro tra l'uomo Cormery di ritorno alla terra natia e l'antico compagno di scuola relegato nel ghetto arabo. Fra i due un dialogo breve e intenso si fa appello alla necessità insoddisfatta d'un concreto bisogno d'appartenenza etnica. Bisogno che diverrà per il protagonista personale tormento. Lenta tornerà alla memoria la prima scena della pellicola. Cormery alla ricerca delle proprie origini, della tomba paterna: perso nel nulla a contemplare una lapide tra filari d'alberi mossi dal vento.
Straordinaria la prova d'attore di Jacques Gamblin. Amelio racconterà di una gita fuori porta in terra francofona, una lunga cena in compagnia dell'attore chabroliano: rivelazione di un'intesa profonda, umana e professionale assieme. Giorno dopo giorno, Gamblin si presenterà sul set, perenne sorriso stampato sul volto. Atteggiamento di disponibilità non sottovalutabile da parte di un regista che intenda instaurare un rapporto simbiotico con la propria materia prima: gli attori. L'interprete francese, corpo e voce di Cormery, darà prova di una performance che gioca in sottrazione, una mimica facciale di sorrisi appena accennati, rughe a solcare la fronte di un personaggio marchiato da forte disagio personale: apolide ed essere umano precario, sradicato da sé e dalle proprie origini.