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martedì 7 agosto 2012

Io sono Li





Un film di Andrea Segre
Con Zhao Tao, Rade Serbedzija, Marco Paolini, Roberto Citran, Giuseppe Battiston
Genere: Drammatico
Durata:100 min.
Sceneggiatura: Andrea Segre, Marco Pettenello
Produttore: Francesco Bonsembiante, Francesca Feder
Casa di produzione: Jole Film, Aeternam Films
Fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Sara Zavarise
Musiche: François Couturier
Italia, Francia 2011 


di Chiara Roggino 



Andrea Segre, veneto, classe 1976. Dottore di ricerca e docente di Sociologia della Comunicazione presso l'università di Bologna, inizia il suo percorso dietro la macchina da presa come realizzatore di documentari. Nel 2009 è insignito di menzione speciale al Bif&st per Come un uomo sulla terra. Nel 2010 dirige Il sangue verde, presentato alla ventunesima edizione del Festival del cinema africano, d'Asia e America Latina di Milano. Il suo primo lungometraggio di fiction , Io sono Li, debutta alla sessantottesima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti.
“Il film nasce da una storia vera. Dall’incontro con una ragazza cinese che lavorava dietro al bancone in un’osteria frequentata da pescatori a Chioggia. Guardandola nascevano gli spunti per il racconto” (Segre).

Ascolta. Il fruscio è impercettibile. L'esile mano di donna appoggia a fior d'acqua una barchetta di fuoco: fiore di carta rosso carminio solca leggero il canale in notturna.
Shun Li ( Zhao Tao), immmigrata cinese, trova lavoro in una fabbrica tessile romana. Il suo percorso di estranea in terra straniera verrà a scontrarsi con i ricatti e le promesse stentate e poco affidabili della mafia orientale italiana. Li sopravvive in attesa della notizia: il giorno in cui avrà estinto i propri debiti e potrà riabbracciare il figlio, abbandonato a forza in terra di Cina. Breve sarà il passo che la condurrà da Roma a Chioggia. Un nuovo lavoro: barista dietro il bancone di un'osteria. I problemi di carattere pratico non saranno pochi per la giovane donna: prima fra tutti la barriera linguistica, vero e proprio ostacolo ad allontanarla ulteriormente dalla realtà umana locale. Fondamentale sarà l'incontro con Bepi ( Rade Serbedzija) , il 'poeta', vecchio pescatore jugoslavo immigrato in Italia da trent'anni. Tra i due si instaurerà un rapporto di complice affetto e reciproca comprensione, ostacolato da pregiudizi e malignità insiti nel carattere degli 'indigeni' del luogo. "Io Sono Li è anche un modo per parlare del rapporto tra individuo e identità culturale, in un mondo che sempre più tende a creare occasioni di contaminazione e di crisi identitaria. E, Chioggia, piccola città di laguna con una grande identità sociale e territoriale, è lo spazio perfetto per raccontare con ancora più evidenza questo processo”( Segre).
“La laguna è femmina e il mare è maschio”. Tenera, accorata, la voce di madre che scrive al figlio in una terra bagnata dal mare, terra di pescatori come quella di lei. Le parole di Li si fanno canto di struggenti armonie in un italiano praticato tra stenti e fatica. Il dolore, il turbamento, celati spesso da sorrisi che illuminano, segnano i lineamenti della protagonista. Esemplare la scena del viaggio in autobus verso la laguna. Pioggia che batte e appanna i finestrini, occhi lucidi, persi lontano, in quell'altrove che bene si identifica con il nome della protagonista. Ella rimarrà, col cuore e il pensiero, eternamente : in quel laggiù, lontanolontano, là dove affondano radici e identità personale. Quel laggiù dove vive il figlio. E poi c'è Bepi, il poeta-pescatore, colui che improvvisa versi all'impronta tra le mura della Taverna Paradiso. Esule a suo modo, da terra jugoslava, pur integrato nella realtà locale da trent'anni. E accade per caso. Che due mondi così lontani e vicini al medesimo tempo si incontrino abbracciandosi l'un l'altro. Che lo smarrimento di lei trovi empatica intesa in una carezza di lui. La mano dell'antico pescatore sfiora i capelli di Li.



 
 Due storie lontane in apparenza si compenetrano, intrecciandosi vicendevolmente, due anime disperse trovano reciproca comprensione in un affetto profondo fatto di brevi accenni e rare parole. Ad estinguere sul nascere una amore ancora in germe, la reazione dei locali chioggiotti, diffidenti nei confronti di una realtà umana distante e incomprensibile. A mettersi di mezzo, tra Bepi e Li, interverrà allo stesso tempo la mafia orientale, poco propensa all'intrecciarsi di qualsivoglia rapporto tra immigrati e popolazione italiana. I due dovranno separarsi a forza. Li farà ritorno alla vecchia fabbrica tessile.
Segre dirige con mano ferma i suoi interpreti. Al via delle riprese gli attori hanno ormai praticato, per volontà registica, un lungo percorso d'integrazione nella realtà chioggiotta. Per rendere credibili i caratteri, per accostare e dare spessore a personaggi rappresentati da performers professionisti e non. “Ho chiesto a loro di conoscersi a vicenda. Ho chiesto di lasciare spazio a contaminazioni irrituali. Citran ha passato delle mattinate al mercato ittico, Battiston ha viaggiato a cento all'ora in barchini di vetroresina in laguna, Paolini è uscito a pescare con pescherecci e piccole barche da laguna. Ognuno di loro aveva un suo accompagnatore nella realtà che poi è diventato anche attore nel film. Contemporaneamente ho chiesto ai non professionisti di trovare un modo per "farsi capire" dagli attori professionisti. E' stato il modo per far loro capire cosa significava recitare” (Segre).
Alla fotografia un maestro incontrastato del cinema italiano, Luca Bigazzi. La laguna, il mare, i pescherecci. Bigazzi intesse ora a tinte pastello ora accese giochi di luce a dare vita e concreta umanità ad ambienti, oggetti, personaggi.
A fine pellicola, estinto il debito e pervenuta la notizia, Li riabbraccerà il figlio lontano. Tornerà a Chioggia per ritrovare Bepi. Troppo tardi. L'uomo è morto lasciando a Li una lettera mai pervenuta. Un fiore di fuoco sperduto in mezzo al blu del mare, in mezzo alla laguna. Un rogo d'onoranze funebri, come si conviene a un vero poeta. Queste le ultime volontà del pescatore croato.