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giovedì 12 luglio 2012

Cosa piove dal cielo?








Un film di Sebastiàn Borensztein
Con Ricardo Darin, Ignacio Huan, Muriel Santa Ana, Enric Rodriguez, Ivan Romanelli
Titolo originale: Un cuento chino
Genere: commedia
Soggetto: Sebastiàn Borensztein
Sceneggiatura: Sebastiàn Borensztein
Produzione: Pablo Bossi, Juan Pablo Buscarini, Gerardo Herrero, Axel Kuschevatzky, Ben Odell
Produttore esecutivo: Mariela Besuievski
Casa di produzione: Pampa Film
Distribuzione italiana: Archibald Film
Fotografia: Rolo Pulpeiro
Montaggio: Fernando Pardo, Pablo Barbieri Carrera
Musiche: Lucio Godoy
Scenografia: Laura Musso
Costumi: Angela Ortuno, Alejandra Albert
Argentina 2011


di Chiara Roggino 



Cina, provincia di Fusheng. Una mucca cade dal cielo e provoca una tragedia”.
La vita di Roberto, ferramenta a Buenos Aires, è organizzata su misura. Un tran tran di rituali, piccole necessarie abitudini, non permette colpi di scena. Se il giorno è dedicato alla conta di viti e bulloni, la sera è tempo di lettura. Giornali e riviste da tutto il mondo, materia prima ideale per stanare notizie bizzarre, fatti fuori dall’ordinario: ottimi da inserire nella grande collezione. La luce si spegne alle ore 23.00, non un un minuto prima, non un minuto dopo. Ma basta poco per scatenare l’imprevisto nella vita dell’uomo: un cinese scaraventato con forza fuori da un taxi, proprio davanti al suo negozio. Jun non conosce una parola di spagnolo ed è alla ricerca dello zio. Unico indizio ad agevolare la caccia al tesoro, un indirizzo tatuato sul braccio. Roberto non digerisce le ingiustizie. Risultato: il giovane cinese è accolto in casa dal burbero argentino. La strana coppia si metterà alla ricerca del misterioso zio con risultati a dir poco sorprendenti. (sinossi)
Al suo primo film, Sebastiàn Borensztein (premio Marc’Aurelio d’Oro come miglior pellicola al Festival Internazionale del Film di Roma 2011) regala al suo pubblico un piccolo gioiello: un film fatto di niente, permeato di poesia. Una storia sull’accettazione delle diversità che si fa canto dolceamaro narrando di sofferenza ed esistenze in rinascita per una voglia di vivere nuova, piovuta dal cielo. L’autore sussurra a voce limpida la sua morale: niente in questa vita accade per caso. Un destino invisibile lega le nostre esistenze una all’altra, quando meno ce l’aspettiamo.
Borensztein trova il suo Roberto nello sguardo malinconico dell’attore Ricardo Darin, già protagonista de “Il segreto dei suoi occhi” (premio oscar quale miglior film straniero nel 2011). Qualcuno, a ragione, l’ha rivestito dell’appellativo di Buster Keaton argentino. Gestualità minimale, una recitazione calibrata in sottrazione per una performance generosa tra sorrisi appena accennati e improvvisi rabbuiamenti.
Roberto, immigrato italiano, burbero dal cuore tenero, è un abbattuto dalla storia, un reduce di guerra (il breve accenno alle Falkland bene esprime i presupposti per un’esistenza azzerata in età acerba). La sua “non vita” non ha senso giacché per lui nulla nella vita ha un senso. Da ferite tanto profonde, una sopravvivenza priva di emozioni forti e grandi responsabilità che si esprime per tic e rituali insopprimibili. Cercando di mantenere sempre il controllo, nonostante tutto. La grigia routine è spazzata via all’improvviso, quando da un taxi viene scaraventata un’altra vita, ugualmente segnata per diverso dolore. Ignacio Huan è delizioso nell’interpretare lo spaesato Jun, artista che si ritrova suo malgrado a svolgere lavori di bassa manovalanza presso il negozio di Roberto. Un’espressione stampata sul viso, tra stupore, paura e perpetuo smarrimento, Jun sarà per Roberto diversivo, occasione per un dialogo diverso dal soliloquio: una comunicazione essenziale fatta di gesti e reciproci scambi di mimica facciale.
Tra intarsi-omaggio al cinema di Jean-Pierre Jeunet (a “Il favoloso mondo di Amelie”, in particolare), microstorie surreali a rimarcare le qualità di un intreccio altrettanto stravagante, le vicende dei due protagonisti si dirigono verso l’agognato epilogo a lieto fine. Come nella migliore tradizione fiabesca, a volte ciò che sembra non possedere un senso, rivela un significato profondo, nascosto ai più. La felicità spesso proviene da orizzonti inaspettati.