Visualizzazione post con etichetta Olivier Nakache ed Eric Toledano. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Olivier Nakache ed Eric Toledano. Mostra tutti i post

giovedì 12 luglio 2012

Quasi amici







Un film di Olivier Nakache ed Eric Toledano
Titolo originale: Intouchables
Con: François Cluzet, Omar Sy, Ludovica Modugno, Audrey Fleurot, Clotilde Mollet
Sceneggiatura: Olivier Nakache, Eric Toledano
Produttori: Nicolas Duval-Adassovsky, Laurent Zeitoun, Yann Zenou
Casa di produzione: Gaumont
Distribuzione: Medusa Film
Fotografia: Mathieu Vadepied
Montaggio: Dorian Rigal-Ansous
Musiche: Ludovico Einaudi
Scenografia: Olivia Bloch-Lainé


di Chiara Roggino.

Olivier Nakache ed Eric Toledano: francesi, amici, registi e collaboratori. Alle spalle un'esperienza nel cortometraggio di genere fantastico, poi il debutto su grande schermo.
Con una spiccata predilezione per i buddie movies, i due cineasti dirigono in patria interpreti di rilievo: Jamel Dabbouze, Gilbert Melki, Gérard Depardieu e Jean-Paul Rouve. Il loro “ Nos jours heureux ” (“Primi amori, primi vizi, primi baci”) è il film-sorpresa dell'estate 2006.
A Distanza di sei anni il grande botto: la candidatura a sei César ( premio per migliore attore ad Omar Sy).
Quasi amici” ( tratto dal romanzo autobiografico “Il diavolo custode” di Philppe Pozzo di Borgo) è il film francese con maggiore incasso ottenuto in Italia. Nakache e Toledano, ispirandosi a fatti realmente accaduti, svelano allo spettatore una realtà insperata, specie di questi tempi: anche le favole esistono.

Nel 2004 i due autori assistono a un documentario: “A la vie, à la morte”. La pellicola non narra il rapporto tra due uomini, si limita a descrivere la drammatica esperienza dell'imprenditore francese Philippe Pozzo di Borgo, reso tetraplegico in seguito ad un incidente in parapendio.Ma dopo dieci minuti di film si ride scoprendo lo straordinario assistente , Abdel, che fa brutti scherzi, inventa barzellette, battute ciniche. Mi ricordo la prima volta che ho visto Abdel spostare Philip dal suo letto.Questa immagine mi ha suscitato un sacco di emozioni. Abbiamo voluto trascrivere questa emozione” ( Eric Toledano).
Philippe (un eccellente e misurato François Cluzet ) è un imprenditore di successo.Quando la moglie si scopre affetta da un morbo incurabile, l'uomo, dedito a sport estremi, si lancia col parapendio in un cielo plumbeo: cumuli di nubi ovunque.Da qui l'incidente che lo condurrà alla tetraplegia, paralizzato su una sedia a rotelle. Sarà l'intervento del più folle tra gli aiutanti personali, il senegalese nullafacente Driss ( in cerca di una firma che proroghi il suo sussidio di disoccupazione) a mutare la non vita di Philippe.L'incontro tra due disperati (l'uno affetto da handicap fisico, l'altro da discriminazioni sociali) si trasformerà in una grande amicizia. Driss, perfetto diavolo custode, restituirà al suo assistito il gusto per la vita.





Perché “Intouchables”?
Nella società indiana sono così definiti i fuori casta, tenuti a distanza per motivi di professione ( becchini, macellai, conciapelli, lavandai) o per abitudini di vita, specie alimentari.
Emarginati, intoccabili.A Parigi una buona percentuale di popolazione straniera, proveniente dai paesi arabi e dal nord Africa, è perfettamente integrata nel sistema: lavoro, collocazione sicura. Ma sopravvivono gli “altri”, i reietti, emarginati nei palazzoni fatiscenti della Banlieu. Driss è uno di loro.In modo diverso Philippe appartiene alla medesima casta. Protetto, intoccabile, oltre il cancello d'ingresso della sua grande villa.

Parigi by night: due uomini sfrecciano a bordo di una Maserati.
Non sappiamo nulla: dell'uno, dell'altro. Le luci artificiali e i fari in notturna ne scolpiscono i lineamenti.Il primo è un giovane di colore, il secondo sulla cinquantina, bianco, trasandato, barba incolta. Le connotazioni registiche lasciano presagire un film d'azione. Superato il limite di velocità, la vettura è fermata dalla polizia. Solo allora si viene a scoprire che uno dei passeggeri, il bianco, è tetraplegico, costretto su una sedia a rotelle. Il giovane accompagnatore improvvisa un alibi: il suo assistito è in serio pericolo di vita e deve essere condotto al più presto al pronto soccorso.I poliziotti, costernati, si offrono da scorta per agevolare il tragitto all'ospedale. Nakache e Toledano allestiscono un incipit forte, dinamico, con evidenti contaminazioni da videoclip. A dare il tocco finale un perfetto tappeto sonoro, il ritmo serrato di “Dancing in september” degli Earth Wind & Fire e un utilizzo quanto mai azzeccato dello spleet screen.
La vicenda ha inizio con un flashforword: così decostruita, si dipana e si conclude, cerchio perfetto. A fine pellicola, prima dei titoli di coda, una breve comparsa dei veri protagonisti della storia: Philippe Pozzo di Borgo e il suo amico-badante, l'algerino Abdel Sellou. Omar Sy, che nel film interpreta l'assistente di Philippe, è nero, senegalese.Perché questo cambiamento di rotta? La risposta degli autori soddisfa i nostri dubbi. “Volevamo lavorare nuovamente con Omar (Sy) e abbiamo scritto la parte per lui”. A quanto pare Sy è stata la scelta più naturale. In sostanza, le due persone, Abdel e Omar, anche se fisicamente diversi e di differente provenienza etnica, appartengono allo stesso gruppo di immigrati che vivono nella Banlieu. E' più importante dirigere un bravo attore che rispettare la reale nazionalità del personaggio. Sy è naturale e spontaneo: la sua fantasia, il suo modo di ballare, il suo senso dell'umorismo.Per dire a qualcuno su una sedia a rotelle, "Pas de bras, pas de chocolat” (“Niente braccia, niente cioccolato”), devi essere accattivante ed empatizzare con il pubblico.
Omar Sy è un divo in Francia. Ogni sera conduce un suo show su Canal Plus: soli cinque minuti, abbastanza per renderlo una celebrità. A fare un paragone, si può risalire nel tempo a vent'anni addietro: Eddy Murphy, protagonista di "Beverly Hills Cop", proveniva dal “"Saturday Night Live". Per Omar è esattamente lo stesso.
Sy si rivela praticamente perfetto nel ruolo cucito appositamente per lui ad assecondare la sua performance d'attore, quella fisicità plastica che lo rende unico. Un sorriso accattivante e due occhi eloquenti capaci d'irradiare fiducia e calore umano.

L'ironia è l'unica forza dei diversi. Un modo per sedurre e farsi accettare. E' un approccio molto più frequente di quel che si crede tra noi disabili". Spiega Pozzo di Borgo che ha seguito passo passo la lavorazione del film imponendo agli autori clausole vincolanti: “Voglio, in primo luogo, una commedia; in secondo luogo, non voglio qualcosa di semplicistico, e come terzo punto, non voglio soldi: voglio dare il 5% degli utili del film ad una associazione”.
Quasi amici” non è una pellicola sull'handicap, ma la storia di due disperati che si sostengono a vicenda. Il neo assunto percepisce la depressione di Philippe, la sua volontà di non sentirsi un emarginato, un diverso. Il tetraplegico ha bisogno di due forti braccia: per trasportarlo ovunque, per prendersi cura di lui giorno e notte. Driss, portatore di ironia ed energia dirompente, comprende le volontà di Philippe che si presta, complice e sornione, alle pazzie e alle stravaganze della sua nuova “balia”. Così il badante prende per mano il suo assistito scarrozzandolo in Rolls-Royce per ogni dove (“Io lì non ce la metto”, dirà il giovane riferendosi alla vettura adattata per tetraplegici. “Lo dico per lei. Non posso caricarla là dietro come un cavallo”.) , conducendolo da prostitute. Gli fa fumare hashish e fa truccare la sua sedia a rotelle in modo che che “ingrani la quarta”. 






Dimenticate Julian Schnabel e il suo “Lo scafandro e la farfalla”.
Il ritrovato attaccamento alla vita ( l'arpiniano gusto del miele), potrebbe essere a grandi linee riconducibile al “Profumo di donna” di Dino Risi: il rapporto tra lo studente Bertazzi (Ciccio) e Fausto, capitano non vedente in congedo.Ma Bertazzi è un ingenuo, un puro, nel suo ruolo di assistente e accompagnatore. Altra cosa avviene in “Intouchables”. Il film di Nakache e Toledano affonda i suoi presupposti nell'incontro-scontro tra due caratteri forti e fragili al contempo, apparentemente agli antipodi. A volere etichettare la pellicola, si è certi di trovarsi innanzi a una commedia, forse drammatica, ma pur sempre commedia.
Il film è una macchina vincente, strutturata ad hoc: si ride e molto, ma vi è altresì spazio per una nicchia protetta in cui lo spettatore può dar sfogo a lacrime e commozione. L'happy end è garantito e la storia si fonda su fatti realmente accaduti. Cosa volere di più? Lo spettatore uscirà dalla sala col sorriso sulle labbra: ottimo investimento i soldi spesi per la visione.