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giovedì 12 luglio 2012

The artist


 

 

Un film di Michel Hazanavicius
Con Jean Dujardin, Bérénice Béjo, John Goodman, James Cromwell, Penelope Ann Miller
Genere: Drammatico, commedia, romantico
Durata: 100 min.
Sceneggiatura: Michel Hazanavicius
Produzione: Thomas Langmann
Produttore esecutivo: Antoine de Cazotte, Daniel Delume, Richard Middleton
Casa di produzione: La Petite Reine, Studio 37, La Classe Américaine, JD Prod, France 3 Cinéma, Jouror Protuction, uFilms
Fotografia: Guillaume Schiffman
Montaggio: Anne-Sophie Bion, Michel Hazanavicius
Musiche: Ludovic Bource
Scenografia: Laurence Bennett, Gregory S. Hooper
Costumi: Mark Bridges


di Chiara Roggino


Anni Venti. Il divo del muto George Valentin è al culmine del successo. Se la sua vita privata è un fallimento e sua moglie lo disprezza, la carriera del grande artista sembra non conoscere rivali. Ma con l’esordio del cinema sonoro le cose precipitano di male in peggio. Valentin si rifiuta di conformarsi al nuovo regime e viene silurato dalle case di produzione, pronte a sostituirlo per far largo a una nuova generazione di attori più giovani e loquaci. Al dramma dell’attore sulla via del tramonto si intreccia la love story tra l’artista e la bella ed esuberante starlette Peppy Miller. (sinossi)






Nel camerino deserto il volto dell’artista si riflette nello specchio. In sala un silenzio irreale. Il pubblico pare sotto l’effetto di un singolare incantesimo. Rispetto per il bisbisnonno del cinéma d’aujourd’hui? Non solo. Vive e si emoziona in preda a un’inesausta tempesta sonora: lo spettatore d’oggi accoglie il ritorno al passato come una benedizione. Niente più boom crash bang, ma un un tappeto sonoro ovattato, musica d’orchestra dolce e insinuante.
Torniamo al nostro divo: l’artista davanti allo specchio. L’uomo beve frettolosamente da un bicchiere. Lo appoggia sul tavolo. Uno strano rumore spezza l’imperante silenzio: quello di un bicchiere appoggiato su un tavolo. Valentin non riesce a capacitarsi: tanta chiassosa enormità è fuori copione. Riprende il bicchiere in mano, lo ripone. Deng, lo stesso suono. Deng, deng, ancora e ancora. E’ la volta di un nuovo oggetto. Altra mossa, altro suono, ancora e ancora. Nel frattempo nuovi rumori si insinuano da dietro la porta: risate, un telefono che squilla, voci di corridoio. Valentin è come paralizzato. Prova a gridare, forse aiuto, ma senza effetto: non un suono esce dalle sue labbra. L’artista esce di corsa dal camerino e via per la strada. Un gruppo di ballerine di fila gli si fa incontro, ridendo e schernendolo. Il vento soffia sempre più rumorosamente portando con sé una piuma minuscola, da niente. La piuma ondeggia lenta e si posa al suolo col fragore di una bomba. Stacco di montaggio. La camera indugia sul volto di George Valentin. L’uomo si è appena svegliato da quello che ora ci appare come il peggiore tra gli incubi. 





Michel Hazanavicius scopre l’uovo di Colombo. Cinema digitale e 3D in ogni salsa dettano legge ad Hollywood 2011. A quanto pare in Francia le cose vanno diversamente: un moderno cineasta con un retroterra tra pubblicità e tv reinterpreta il bianco e nero allestendo un film completamente muto. Una favola romantica che ricalca i clichés dell’epoca, con qualche invenzione di genio purissimo da lasciare il segno.
Quando Michel mi ha parlato di The artist, prima ho pensato che stesse scherzando, poi che volesse attentare alla mia stabilità mentale (…) Perché un attore ha due cose a cui aggrapparsi: le battute da imparare e la voce per recitarle. Toglierle entrambe è come buttarlo giù da un dirupo e stare a vedere se riesce a volare”.
Jean Dujardin (premio per la migliore interpretazione maschile a Cannes) le ali le ha ha messe per davvero. Scimiottare le gigionerie di un attore del cinema muto, tra smorfie e movimenti enfatici, non era sufficiente. A Dujardin basta uno sguardo o uno scatenato balletto di tip tap per rendere al pubblico lo spirito di quell’indimenticabile età dell’oro che vide trionfare divi della caratura di Douglas Fairbanks e Mary Pickford.E’ proprio da Fairbanks (interprete di film d’azione, eroe di cappa e spada dall’ineguagliabile sorriso per un’agilità acrobatica passata alla storia) che Dujardin dichiara d’aver tratto ispirazione per il suo George Valentin, studiando ogni suo gesto ed espressione.
In un cast impreziosito dalla presenza di attori hollywoodiani quali John Goodman (produttore spietato in puro stile O. Selznick, capace di imprevedibili e morbidi cedimenti per regalare alla storia l’agognato happy end) e Penelope Ann Miller (algida consorte di Valentin), spicca la straordinaria performance di una vecchia volpe del grande schermo, pur relegata in un ruolo di marginale importanza. James Cromwell-Clifton, il fedele autista tuttofare del protagonista, brilla di una recitazione apparentemente in sordina, intessuta tra umanità e delicate tenerezze. Per dirla alla Stanislawskij : “Non esistono parti minori, ma solo attori minori”. Certo il buon Cromwell non appartiene a quest’ultima categoria.