Un
film di Michel
Hazanavicius
Con
Jean Dujardin, Bérénice Béjo, John Goodman, James Cromwell,
Penelope Ann Miller
Genere:
Drammatico, commedia, romantico
Durata:
100 min.
Sceneggiatura:
Michel Hazanavicius
Produzione:
Thomas Langmann
Produttore
esecutivo: Antoine de Cazotte, Daniel Delume, Richard Middleton
Casa
di produzione: La Petite Reine, Studio 37, La Classe Américaine, JD
Prod, France 3 Cinéma, Jouror Protuction, uFilms
Fotografia:
Guillaume Schiffman
Montaggio:
Anne-Sophie Bion, Michel Hazanavicius
Musiche:
Ludovic Bource
Scenografia:
Laurence Bennett, Gregory S. Hooper
Costumi:
Mark Bridges
di
Chiara Roggino
Anni Venti.
Il divo del muto George Valentin è al culmine del successo. Se la
sua vita privata è un fallimento e sua moglie lo disprezza, la
carriera del grande artista sembra non conoscere rivali. Ma con
l’esordio del cinema sonoro le cose precipitano di male in peggio.
Valentin si rifiuta di conformarsi al nuovo regime e viene silurato
dalle case di produzione, pronte a sostituirlo per far largo a una
nuova generazione di attori più giovani e loquaci. Al dramma
dell’attore sulla via del tramonto si intreccia la love story tra
l’artista e la bella ed esuberante starlette Peppy Miller.
(sinossi)
Nel camerino deserto il volto dell’artista si riflette nello specchio. In sala un silenzio irreale. Il pubblico pare sotto l’effetto di un singolare incantesimo. Rispetto per il bisbisnonno del cinéma d’aujourd’hui? Non solo. Vive e si emoziona in preda a un’inesausta tempesta sonora: lo spettatore d’oggi accoglie il ritorno al passato come una benedizione. Niente più boom crash bang, ma un un tappeto sonoro ovattato, musica d’orchestra dolce e insinuante.
Torniamo al
nostro divo: l’artista davanti allo specchio. L’uomo beve
frettolosamente da un bicchiere. Lo appoggia sul tavolo. Uno strano
rumore spezza l’imperante silenzio: quello di un bicchiere
appoggiato su un tavolo. Valentin non riesce a capacitarsi: tanta
chiassosa enormità è fuori copione. Riprende il bicchiere in mano,
lo ripone. Deng, lo stesso suono. Deng, deng, ancora e ancora. E’
la volta di un nuovo oggetto. Altra mossa, altro suono, ancora e
ancora. Nel frattempo nuovi rumori si insinuano da dietro la porta:
risate, un telefono che squilla, voci di corridoio. Valentin è come
paralizzato. Prova a gridare, forse aiuto, ma senza effetto: non un
suono esce dalle sue labbra. L’artista esce di corsa dal camerino e
via per la strada. Un gruppo di ballerine di fila gli si fa incontro,
ridendo e schernendolo. Il vento soffia sempre più rumorosamente
portando con sé una piuma minuscola, da niente. La piuma ondeggia
lenta e si posa al suolo col fragore di una bomba. Stacco di
montaggio. La camera indugia sul volto di George Valentin. L’uomo
si è appena svegliato da quello che ora ci appare come il peggiore
tra gli incubi.
Michel
Hazanavicius scopre l’uovo di Colombo. Cinema digitale e 3D in ogni
salsa dettano legge ad Hollywood 2011. A quanto pare in Francia le
cose vanno diversamente: un moderno cineasta con un retroterra tra
pubblicità e tv reinterpreta il bianco e nero allestendo un film
completamente muto. Una favola romantica che ricalca i clichés
dell’epoca, con qualche invenzione di genio purissimo da lasciare
il segno.
“Quando
Michel mi ha parlato di The artist, prima ho pensato che stesse
scherzando, poi che volesse attentare alla mia stabilità mentale (…)
Perché un attore ha due cose a cui aggrapparsi: le battute da
imparare e la voce per recitarle. Toglierle entrambe è come buttarlo
giù da un dirupo e stare a vedere se riesce a volare”.
Jean
Dujardin (premio per la migliore interpretazione maschile a Cannes)
le ali le ha ha messe per davvero. Scimiottare le gigionerie di un
attore del cinema muto, tra smorfie e movimenti enfatici, non era
sufficiente. A Dujardin basta uno sguardo o uno scatenato balletto di
tip tap per rendere al pubblico lo spirito di quell’indimenticabile
età dell’oro che vide trionfare divi della caratura di Douglas
Fairbanks e Mary Pickford.E’
proprio da Fairbanks (interprete di film d’azione, eroe di cappa e
spada dall’ineguagliabile sorriso per un’agilità acrobatica
passata alla storia) che Dujardin dichiara d’aver tratto
ispirazione per il suo George Valentin, studiando ogni suo gesto ed
espressione.
In un cast
impreziosito dalla presenza di attori hollywoodiani quali John
Goodman (produttore spietato in puro stile O. Selznick, capace di
imprevedibili e morbidi cedimenti per regalare alla storia l’agognato
happy end) e Penelope Ann Miller (algida consorte di Valentin),
spicca la straordinaria performance di una vecchia volpe del grande
schermo, pur relegata in un ruolo di marginale importanza. James
Cromwell-Clifton, il fedele autista tuttofare del protagonista,
brilla di una recitazione apparentemente in sordina, intessuta tra
umanità e delicate tenerezze. Per dirla alla Stanislawskij : “Non
esistono parti minori, ma solo attori minori”. Certo il buon
Cromwell non appartiene a quest’ultima categoria.
Nessun commento:
Posta un commento