Un film di Ferzan Ozpetek
Con: Elio Germano, Paola Minaccioni, Margherita Buy, Beppe Fiorello, Vittoria Puccini, Cem Ymaz, Claudia Potenza, Andrea Bosca, Ambrogio Maestri, Matteo Savino, Alessandro Roja, Anna Proclemer
Sceneggiatura: Ferzan Ozpetek, Federica Pontremoli
Produttore: Domenico Procacci
Fotografia: Maurizio Calvesi
Montaggio: Walter Fasano
Musiche: Pasquale Catalano
Scenografia: Andrea Crisanti
Durata: 105 minuti
Italia
2012
Dalla
Sicilia a Roma. Pietro Pontechievello (Elio Germano), giovane
pasticcere omosessuale, aspirante attore, si trasferisce nella
capitale in cerca di fortuna. La dea bendata sembra rispondere da
subito alle sue richieste. Una grande casa tutta per sé, lontano
dalla cugina Maria (Paola Minaccioni), nevrotica e affettuosa ai
limiti dell’invadenza. L’affitto è conveniente e la padrona di
casa richiede da subito il pagamento anticipato di quattro mensilità.
Ma tanta fortuna conosce un inquietante rovescio della medaglia. La
casa è già abitata da singolari personaggi… (sinossi)
Una
linea nera per sottolineare lo sguardo, gioco di chiaroscuri sfumati
a illuminare le palpebre. L’occhio prende vita. Il grande
spettacolo ha inizio mentre il sipario freme d’impazienza, avido di
mostrare la scena e i suoi inquilini: gli attori. Rapidi scorrono i
titoli di testa e già lo spettatore respira aria d’altri tempi,
altri abiti, altre acconciature. Un colpo di rivoltella. Il dramma
dei personaggi ha inizio. Chi sono, da dove provengono “questi
fantasmi”? Al suo nono film, Ozpetek si riconferma osservatore
acuto e vivace. Un’attrazione tutta umana la sua: indagare universi
altri popolati da vigili presenze. A ben vedere l’ultima scena di
“Mine vaganti” si concludeva già con un ballo favolistico a
conciliare presente e passato, i vivi e quelli che non sono più ma
che pur sono, in altri luoghi, vitali e manifesti. Per Ferzan Ozpetek
l’incontro con Elio Germano è fondamentale. Allo scorrere dei
titoli di coda il volto del protagonista campeggia a lungo sullo
schermo. I suoi occhi sono specchio fedele e trasparente così che
pare quasi di vederlo: lo spettacolo della compagnia Apollonio. A
film concluso, lo spettatore non potrà staccarsi dalla poltrona
tanto presto. Fino al completo dissolvimento dei lineamenti
dell’attore. Germano inchioda il pubblico in sala, reggendo uno
splendido primo piano prolungato. Non è sufficiente essere belli o
esteticamente accattivanti per bucare lo schermo. L’interprete
romano bello non è, ma perfettamente in grado di emanare quella
“magnifica presenza” che lo rende protagonista assoluto del gioco
tutto teatrale architettato da Ozpetek.
Pietro
è un sognatore, un solitario, un “solo” che vive in una
dimensione aliena tra ideali d’altri tempi e romanticismo démodé.
Le
presenze
che popolano l’appartamento se ne accorgono da subito. Egli
appartiene all’oggi, ma è più che mai prossimo al loro mondo.
Così gli attori della compagnia decidono di fargli visita:
“personalmente”. Non più brusii o porte che sbattono senza un
perché, ma personaggi veri, ansiosi di conoscere il loro passato per
compiere il proprio destino. Ozpetek trae ispirazione dal
palcoscenico vivo nonché da un grande della letteratura e del teatro
quale Luigi Pirandello. Un evento di tale portata non stupirà gli
afecionados di un cinema intessuto tra atmosfere esotiche, sanguigne,
cariche di spezie e tavole conviviali. Un fare cinema che vede
l’attore ascendere al gradino più alto: perno e artefice primo per
la buona riuscita di un film. “Sei personaggi in cerca di autore”
è il punto di partenza, spunto narrativo da cui si dipanano verso il
proprio epilogo le vicende e le vite dei Personaggi della compagnia
Apollonio. Avidi di rivivere il proprio dramma, disposti a tutto pur
di prendere coscienza della verità. Pietro è il loro ideale
intermediario: colui che ne garantirà l’evasione, rendendoli
liberi. L’aspirante attore vive e si appassiona alle vite dei
Personaggi fino ad affezionarsi sinceramente a ognuno di loro. I
singolari coinquilini, dapprima tanto temuti, saranno per lui amici,
complici, confidenti, persino maestri nell’arte della recitazione.
La casa a Monteverde diviene luogo di convivialità sincera. Ozpetek
strizza l’occhio alle dive del passato. Lea Marni (Margerita Buy),
abbigliata come Marlene Dietrich e pettinata come Jane Harlow, è
portatrice di una singolare lezione di storia del cinema. Viene così
evocata la divina Greta Garbo, colei che diventò una star eliminando
la gestualità drammatica del muto e il sorriso.
Nessun commento:
Posta un commento