Un
film di Roman Polanski
Con Jodie Foster, Kate Winslet, Cristoph Waltz, John C. Reilly
Titolo originale: Carnage
Genere: commedia
Soggetto: Jasmina Reza
Sceneggiatura: Roman Polanski, Jasmina Reza
Produzione: Said Ben Said, Oliver Berben, Martin Moszkowicz
Casa di produzione: SBS Productions, Costantin Film Produktion, SPI Poland
Distribuzione italiana: Medusa Film
Fotografia: Pawel Edelman
Montaggio: Hervé de Luze
Musiche: Alexandre Desplat
Scenografia: Dean Tavoularis
Costumi: Milena Canonero
Francia-Germania-Polonia-Spagna 2011
di Chiara Roggino
Con Jodie Foster, Kate Winslet, Cristoph Waltz, John C. Reilly
Titolo originale: Carnage
Genere: commedia
Soggetto: Jasmina Reza
Sceneggiatura: Roman Polanski, Jasmina Reza
Produzione: Said Ben Said, Oliver Berben, Martin Moszkowicz
Casa di produzione: SBS Productions, Costantin Film Produktion, SPI Poland
Distribuzione italiana: Medusa Film
Fotografia: Pawel Edelman
Montaggio: Hervé de Luze
Musiche: Alexandre Desplat
Scenografia: Dean Tavoularis
Costumi: Milena Canonero
Francia-Germania-Polonia-Spagna 2011
di Chiara Roggino
Sequenza
A (Flashback: campo medio, effetto flou)
Un
parco a Brooklyn. Esterno giorno.
Un
confronto poco civile tra ragazzini annoiati. Il climax dell’alterco
vede protagonisti Ethan Cowan e Zachary Longstreet. Per l’effetto
flou sovracitato, faticheremo a riconoscerne volti e lineamenti.
Conclusione: uno le mena e l’altro incassa.
Questa
breve ed efficace sequenza d’esordio manifesta il “marchio di
fabbrica” di un Polanski d’annata. Da “Il coltello nell’acqua”
( “Nóz w Wodzie”, 1962) , passando per “Rosemary’s baby”
(1968) e “L’inquilino del terzo piano” ( “Le locataire “,
1976) si palesa la predilezione del cineasta polacco per asfittici
microcosmi di immagini deformate e allucinatorie: la realtà esibita
dall’entità narrante non è mai quello che sembra.
La
lite tra bulli è realmente avvenuta? Polanski, sornione, strizza
l’occhio ma non apre bocca.
Sequenza
B.
Interno
giorno. Abitazione dei Longstreet. Appeso alla parete, fa bella
mostra di sé un grande specchio. Due finestre si affacciano
sull’esterno rivelando una linea della metropolitana newyorkese,
una delle tante. Sul tavolo un vaso traboccante tulipani: il signor
Longstreet, sobillato da una pressante signora Logstreet, s’è
alzato di buon’ora per fare acquisti. I signori Cowan sono stati
invitati per quella che, a rigor di logica, dovrebbe essere una
‘riconciliazione’ pacifica e civile tra danneggiante e parte lesa
( Il piccolo Longstreet è stato menomato di due incisivi. Il giovane
Cowan ha inferto il colpo con l’ausilio di un bastone).
Il
signor Longstreet è un rivenditore di pentole e tegami. La signora
Longstreet, scrittrice, ha dalla sua un’invidiabile coscienza
sociale. E’ l’Africa a starle particolarmente a cuore, l’Africa
e i drammi legati al Darfur, soprattutto.
Il
signor Cowan, avvocato, desta attenzione per il morboso attaccamento
dimostrato al proprio telefono cellulare.
La
signora Cowan, broker finanziario, è chiaramente debole di stomaco.
La signora Cowan dà di stomaco insozzando i preziosi manuali d’arte
della signora Logstreet. Signore e signori il “massacro”,
verbale, è servito.
Polanski
concerta una polifonia di palpabile voyerismo: non sarà facile
resistere alla tentazione di spiare attori ed eventi “dal buco
della serratura”. Autore e spettatore si fondono tra loro
originando un unico occhio di ripresa mobile: fulmineo nell’inseguire
i personaggi nei loro spostamenti e peripezie emotive. Cosa si
nasconde dietro ad una patina di finta rispettabilità e buone
maniere?
La
casa è sottosopra, uomini e donne si svelano loro malgrado, il
cerone si disfa, lasciando trapelare il solo vuoto al di là delle
apparenze.
“Le dieu du carnage”, invocato da Polanski sugli astanti di una commedia al vetriolo che sembra ammiccare là dove sospinge agli inferi, è una divinità capricciosa. “Non si sa come” i coniugi Cowan, vanificando due tentativi di fuga dal campo di battaglia, saranno costretti a fare ritorno alla funesta dimora onde proseguire, veri e propri reclusi, “la civile conversazione”.
Così
il finale di commedia si trasformerà in un dichiarato sberleffo al
pubblico: qui, in questa stanza, le cose non cambieranno mai, sembra
dirci l’autore. Il diverbio sarà eterno e nessuno si salverà.
Nessuno è intoccabile. L’attacco alla middle class americana e la
destrutturazione dei suoi valori fondanti ( famiglia in primis)
trasfigura nell’acuto delinearsi di un unico prototipo umano ( o
disumano) che non è vittima e non è carnefice, ma entrambi al
medesimo tempo. Ogni tentativo di redimersi dalle proprie personali
meschinità risulterà quindi vano se non risibile. “Ieri sera ho
visto la sua amica Jane Fonda in tv. Dopo volevo comprare un poster
del Ku Klux Klan” .
Tratto
da “Le dieu du carnage” di Jasmina Reza, qui cosceneggiatrice
insieme al regista, “Carnage”, fin dalla carta, lasciava
presagire i sintomi di un’operazione filmica rischiosa. Polanski
sarebbe stato in grado di dare corpo a un’opera di matrice
prettamente letteraria, senza cadere negli stereotipi del teatro
filmato? A fine ‘intervento’ possiamo affermare che sì.
“Carnage”
esula da ogni pedestre tentativo di messinscena filmica. Polanski,
abile direttore d’orchestra, vivifica insieme un dramma da camera e
una commedia grottesca dai ritmi serrati, potente e claustrofobica,
per un quartetto di attori diretti magistralmente, superbi e
insostituibili.
E’
sufficiente pronunciare il nome Jodie Foster per innescare un
meccanismo che ha condotto (col passare del tempo, nel bene e nel
male) a permutare semplici dati anagrafici in un marchio di sicurezza
performativa a prescindere. Chi ha visto “Carnage” sarà lieto di
trovarvi una Foster, ora più che mai degna foriera di tanto cognome.
Dando vita a un calibrato excursus in crescendo, l’attrice
sfaccetta il suo personaggio di falsi sorrisi, piccoli e grandi tic,
moti violenti e isterie patologiche. La rassicurante padrona di casa
degli esordi si trasformerà in arpia strillante, maschera deformata
dai lineamenti stravolti. Non ci stupiranno le sue farneticazioni da
ubriaca mentre brandisce un bicchiere di whisky o catapulta per aria
la borsetta di una sempre più afflitta signora Cowan.
Kate
Winslet è praticamente perfetta. Ricercata nel trucco e
nell’abbigliamento, la signora Cowan incarna l’aplomb
dell’impeccabile madre di famiglia. Tuttavia, come ci fa notare la
Reza e Polanski tramite lei, le apparenze ingannano.
L’attrice
di Reading inanella davanti ai nostri occhi un’interpretazione
fatta di particolari impercettibili, una gestualità inizialmente
minima, nervosa e controllata: sono piccoli aggiustamenti alle pieghe
dell’abito, suo e del conosorte, mani a sistemare l’acconciatura,
fugaci ritocchi di maquillage.
Basterà
un niente, un dolce mal digerito, quel nervosismo trattenuto a stento
per farle dare di stomaco in un espellere di rabbia, frustrazioni
coniugali represse e acredine incondizionata verso il prossimo. In
“Carnage” tutti, nessuno escluso, vantano una certa supremazia
morale, tale da percepirsi immancabilmente un gradino più in alto
rispetto al proprio vicino di sofà.
Tuttavia
non tutti conducono lo “spogliarello morale” per gradi,
procedendo fino a un’esplosione di ferocia incontrollata. Il signor
Cowan fa eccezione. In questo risiede la grandezza di Cristoph Waltz.
Una recitazione perfettamente controllata per un sapiente uso di
maschera: sguardi taglienti , di commiserazione o rimprovero, quell’
imperante sarcasmo fatto di sorrisi appena accennati, un aggrottar di
fronte, una piega del labbro. La voce dell’attore è una cantilena
apparentemente monocorde, il personaggio parla e risponde per
monosillabi. La sua carica erotica e passionale si espleterà negli
estenuanti monologhi al cellulare, cordone ombelicale e feticcio
salvavita del quale verrà privato solo a fine pellicola.
Tramite
un riuscitissimo coup de théâtre, il tanto amato blackberry verrà
rapito dalla signora Cowan per essere brutalmente affogato in un vaso
di tulipani.
John
Reilly ci offre una performance condita di adorabile sarcasmo. Il
signor Longstreet, apparente zerbino della propria consorte, si
rivelerà il più cinico tra gli uomini, strenuo sostenitore
dell’assoluta inutilità del sacramento matrimoniale, ai suoi occhi
percepito come morbo insanabile.
Tanta
e preziosa recitazione di alto livello fa di “Carnage” un film da
assaporare rigorosamente in lingua originale.
Il
film, uscito nelle sale italiane il 16 settembre, conta tutti i
difetti di un doppiaggio diretto ed eseguito per una coralità di
performances asettiche, stereotipate e proforma. Chi ha assistito
alla prima veneziana della commedia, faticherà a riconoscere i
protagonisti cui si era tanto affezionato. In particolare sembra che
Angelo Maggi ( voce di Cristoph Waltz) si appigli al sarcasmo
menefreghista del suo personaggio per giustificare una recitazione
fastidiosamente “scollata”, monocorde e fuori luogo. Così Laura
Boccanera ( un nome che dovrebbe essere una garanzia) snatura la
prova della Foster in un accumulo di isteria imperante e fasulla,
appiattendo una performance di piroette e scarti emotivi, ricca e
irripetibile.
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