Un
film di Vincent
Paronnaud e Marjane Satrapi
Con
Mathieu
Almaric, Edouard Baer, Maria de Mereidos, Golshifteh
Farahani
Titolo
originale: Poulet
aux prunes
Genere:
Drammatico
Durata:
93 min.
Sceneggiatura:
Vincent
Paronnaud e Marjane Satrapi
Produzione:
Hengameh Panahi
Produttore
esecutivo: Jeremy Burdek, François
Xavier
Decraene, Nadia Khamlichi
Casa
di produzione: Celluloid Dreams
Fotografia:
Cristophe Beaucarne
Montaggio:
Stéphane Roche
Scenografia:
Udo Kramer
Musica:
Olivier Bernet
Costumi:
Madeline Fontaine
Francia,
Germania, Belgio 2011
di
Chiara Roggino
1958,
Teheran. La moglie fa a pezzi il suo prezioso violino. Per il
musicista Nasser Ali è l’inizio della fine. L’amore negato per
la bella Iran (Golshifteh Farahani), ferita insanabile, sempre
presente, gli offrì in gioventù un dono concesso a pochi: afferrare
il soffio dell’esistenza per tradurlo nell’arte più pura.
Distrutto l’antico strumento, l’uomo è inaridito da una
malinconia senza rimedio. Perso per sempre il sapore della vita,
Nasser decide di lasciarsi morire. (sinossi)
Presentato in anteprima alla sessantottesima edizione del Festival del Cinema di Venezia,“Pollo alle prugne” divide il pubblico in sala: critici e spettatori ad assaporare aroma e spezie della nuova produzione Paronnaud-Satrapi. “Persepolis”, opera prima di un’accoppiata vincente, debutta nel 2007. La pellicola, tratta dal romanzo a fumetti dell’illustratrice e sceneggiatrice iraniana Marjane Satrapi, è narrazione autobiografica di un’esistenza fratturata tra appartenenza-estraneità, radicamento e volontà d’evasione da una terra amara che poco concede alla libertà individuale. Cinque anni dopo, “Pollo alle prugne” segna un’apparente inversione di rotta: non più cronaca di vita vissuta, ma fiaba visionaria, ideazione di pura fantasia. Racconto da mille e una notte, cartoon animato da personaggi in carne ed ossa. Primo fra tutti, uno strepitoso Mathieu Almaric. Occhi perennemente stralunati, l’attore francese, corpo e voce dell’appassionato violinista Nasser Ali, rivela doti da performer di gran classe.
“C’era
qualcuno, non c’era nessuno”. Così iniziano le fiabe persiane e
insieme il racconto di Azrael, angelo della morte: cantastorie
d’eccezione di un’esistenza straordinaria. Preparatevi ad
ascoltare vita, miracoli e morte del celebre violinista iraniano
Nasser Ali.
Marjane
Satrapi non rinuncia alla sua arte. Matita e colori per una firma, la
sua, d’animazione squisitamente naif. Così saranno i titoli di
testa. Pennellate di un blu tenue tra falci di luna, montagne e
nuvole in viaggio. Treni in corsa, gabbie d’uccelli appese a rami
d’albero incappucciati di neve. Fine dell’ouverture. Ancora monti
all’orizzonte ed una Teheran costruita su misura. Quasi un set
teatrale, predisposto con cura, nei minimi dettagli: strade, negozi e
botteghe brulicano d’avventori. Qui ha inizio la storia del nostro
protagonista.
Un’opera
che pecca per mancanza di originalità. Molti, addetti ai lavori e
non, hanno additato per “plagio” l’opera seconda di
Paronnaud-Satrapi. Un film stucchevole che molto promette e poco
realizza. Troppe assonanze con “Il favoloso mondo di Amélie” ?
Un doppione forzato dell’opera di Jean-Pierre Jeunet? Ai severi
detrattori andrebbe consigliata una seconda visione, priva di
condizionamenti da un cinema che nulla ha a che spartire con la
pellicola della coppia franco-iraniana.
La
sceneggiatura di “Pollo alle prugne” nasce dalla graphic novel di
una fumettista. Sagome di carta, schizzi d’inchiostro e colori
fuoriescono dalle pagine reclamando vita: personaggi in rivolta
anelano a un’esistenza in carne ed ossa. L’autrice li accontenta,
a una condizione: i protagonisti, cuore pulsante e sangue caldo,
vivranno le loro peripezie calpestando scenari di pura fantasia,
adeguandosi senza proteste alle regole di una bande dessinée
vivante.
Allo
spettatore è necessaria una regressione: quel ritorno all’infanzia
che abbatte sovrastrutture e concede di abbandonarsi allo stupore.
Nasser Ali,
meditati piani di suicidio troppo macabri e di infelice
realizzazione, decide di attendere l’angelo della morte con
dignità, nel proprio letto. Sette giorni tra ricordi e fantasie,
avanti e indietro nel tempo. Una destrutturazione temporale carica di
flashback e flashforward: puzzle scombinato che trova il suo ordine
per un montaggio di incastri giocati con classe.
“Pollo
alle prugne”: non soltanto fiaba dai risvolti malinconici, ma
percorso attraverso la storia del cinema. Richiami di sogno
felliniano e lo spogliarello di una formosa Sofia Loren .Un omaggio
al cinema muto e , dulcis in fundo, l’esilarante digressione:
viaggio attraverso le tonalità del cinema in tecnicolor.
Da
“Persepolis” a “Pollo alle prugne”, un’inversione di rotta,
ma non troppo. Nasser si innamora della bella Iran. Il nome di donna
non è casuale. Un sentimento impedito dall’alto (il padre di lei
nega il consenso alle nozze), spinge il protagonista ad allontanarsi
dal paese natio per vent’anni. L’infinita tournée, teatro dopo
teatro, fa del musicista un esule suo malgrado; condizione che ben
riflette lo smarrimento di Marjane Satrapi: cittadina del mondo,
apolide bandita dalla sua terra. Il viaggio di Nasser lo porterà
lontano, il pensiero rivolto perennemente altrove: alla patria-amore
perduto. Un amore che si conclude e si infrange, spegnendo ogni
ragione di vita.
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