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giovedì 20 settembre 2012

Anton's right here






Diari veneziani: 69ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia


Un film di Lyubov Arkus
Titolo originale: Anton tut ryadom
Con Anton Kharitonov, Rinata Kharitonova, Vladimir Kharitonov
Genere: documentario
Durata:120 min.
Sceneggiatura: Lyubov Arkus
Fotografia: Alisher Khamidkhodzaev
Montaggio: Georgij Ermolenko
Produzione: Kinokompaniya CTB, Masterskaya Seance
Russia 2011


di Chiara Roggino


Cappello a visiera calcato sul capo, Anton scrive sulla sabbia, osserva il mare: piccole onde lambiscono i piedi del ragazzo. L'emozione è palpabile, pieno il contatto con la natura.
"Anton è qui accanto". Tutte le mattine l'identica domanda: "Chi sono io?". "Questa storia ha inizio quattro anni fa", racconta il giovane membro dell'organizzazione di volontariato ucraina che opera per la rivista gestita dalla casa editrice Séanse. Egli sarà voce narrante, fil rouge del racconto documentaristico intessuto da Lyubov Arkus. Nata a Leopoli nel 1960, si laurea presso l'università statale pan-russa di cinematografia (VGIK) con una tesi in scenografia e studi cinematografici. Lavora in seguito collaborando con Viktor Sklovskij in veste di segretaria letteraria e revisore di sceneggiature presso gli studi Lenfilm. Nel 1993 crea e diventa caporedattrice della casa editrice Séanse. Creatrice e compilatrice di un'enciclopedia del cinema in sette volumi, Arkus viene insignita di numerosi riconoscimenti professionali.
Una lenta carrellata a seguire il protagonista che cammina a passo lento, imprimendo orme nella neve. Anton è un ragazzo autistico, la Colonia Omega un istituto psichiatrico che accoglie malati affetti dal medesimo handicap. I giovani di Séanse riprendono con la telecamera i suoi primi spostamenti all'interno della struttura. "Anton reagirà con disperazione alla notizia della nostra partenza". Diviso in capitoli,
Anton's Right Here è "la storia di come una persona si è riconosciuta nell'altra". La madre del giovane è stata colpita da un male incurabile ("Lui non ha nessuno tranne noi"). "Che fare di lui? Onestamente non lo so", dirà il padre. Questo è il vero inferno, un calvario che si prolunga e dilata in un lento percorso di stagioni diverse: clinica dopo clinica, istituto dopo istituto. Un primissimo piano viene a mostrarci il viso di Anton: occhi nell'oscurità, due buchi neri. "C'è una gran massa di gente, ma nessuna presenza".
Qual è il problema prioritario, quello che richiede una soluzione immediata? Fare in modo che il giovane si integri nella società, imparando un mestiere. Per Anton, la cosa pare impossibile. Dirà il genitore di uno degli "internati" nella casa di cura del Villaggio Svetlana: "Queste persone hanno un bisogno struggente d'essere amate". E ancora: "Francamente, io non so che fare". Renata, madre di Anton, muore quando "la cinepresa si è spenta". I suoi ultimi giorni di vita saranno la perpetua richiesta di "premere il tasto
play" per vedere e rivedere all'infinito le riprese di quel figlio che non è mai riuscita a conoscere fino in fondo. I volontari di Séanse, iniziato il percorso di "accudimento" di Anton, affidano al ragazzo un tema: "La gente". "La gente sopporta. La gente non sopporta". Anton ha imparato a sopportare.



 



lunedì 10 settembre 2012

Sfiorando il muro






 

Diari veneziani: 69ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia



Un film di Silvia Giralucci e Luca Ricciardi
Con Guido Petter, Raul Franceschi, Antonio Romito, Pietro Calogero, Stefania Paternò, Silvia Giralucci
Durata: 51 min.
Genere: documentario
Sceneggiatura: Silvia Giralucci
Fotografia: Daniele Gastoldi, Marco Tassinari, Marco Zambrano
Montaggio: Enzo Pompeo
Musica: Stefano Lentini
Produzione: Doclab
Italia 2012


di Chiara Roggino 



Silvia Giralucci, padovana, laureata in lettere con Antonia Arsaln; giornalista, scrittrice, regista. Figlia di Graziano Giralucci, militante del Movimento Sociale Italiano, ucciso da un commando delle Brigate Rosse la mattina del 17 giugno 1974 insieme a Giuseppe Mazzola, portiere dello stabile sede dell'MSI di Padova. All'epoca, Silvia aveva solo tre anni. Le prime inquadrature del suo lavoro dedicato alla memoria del padre e alle circostanze che ne hanno determinato la morte, sono immagini sfocate. Giochi tra bambini: nascondino, capriole, acchiapparella. Radi ricordi confusi, dispersi nel passato. I giorni passano, corre veloce il tempo. A quarantuno anni, Silvia avverte l'urgenza di ricostruire i fatti che furono: per se stessa, per spiegare al figlio che "suo nonno è parte della Storia di questo paese", e che "Padova non è riuscita a fare i conti con la sua storia". Il cinema ha spesso raccontato l'escalation di violenza nel corso degli anni di piombo, specialmente attraverso la forma documentaristica. Luigi Perotti aveva già realizzato L'infame e suo fratello, docufilm in cui Roberta Peci, figlia di Roberto Peci e nipote di Patrizio Peci - il primo brigatista pentito -, indagava sulle motivazioni che condussero il padre a essere assassinato da Giovanni Senzani, capo della Colonna Romana.
Prodotto da Doclab, Sfiorando il muro - in cui Silvia Giralucci, qui alla sua opera prima, è affiancata dietro la macchina da presa da Luca Ricciardi - è un documentario di intenso taglio personale. Il bisogno di risposte a domande celate in un cassetto spinge l'autrice a un percorso di ricerca a ritroso: testimoni, persone che vissero sulla propria pelle il Sessantotto e il periodo immediatamente successivo. La necessità è quella di guardare oltre il muro per riconoscere l'umanità dell'avversario, quando la violenza può manifestarsi nelle forme più inaspettate ("Sapevo che in famiglia avevamo paura delle risposte, perciò evitavamo di fare domande"). Tra le numerose interviste interne al percorso sancito dal film, spicca quella rilasciata da Stefania Paternò, che definirà la violenza politica degli anni Settanta come "un brutto gioco da non ripetere mai più". Paternò era amica di Graziano Giralucci: militante missina negli anni di piombo, che definisce senza mezzi termini "una guerra civile", non dichiarata ma insinuante, fra bande giovanili opposte, una sorta di I ragazzi della Via Paal lordi di sangue alle prese con un gioco crudele più grande di loro. La sua consapevolezza conferisce un alone ancor più sinistro al reducismo di Toni Negri e dei membri dell'Autonomia Operaia, trent'anni dopo. Nel documentario, le riprese della celebrazione dei fatti del 7 aprile 1979 in una sala comunale, con il professor Negri che firma autografi e stringe le mani dei suoi sostenitori equiparando la violenza di allora a "quattro schiaffi a un professore", rimanda ai capolavori della "lingua di legno": ci sarà sempre una motivazione contestualizzabile nella misura in cui si giunge a concretare il lavacro di ogni responsabilità, assolvendo ogni colpa. Ha fatto più danni la "lingua di legno" del comunismo di quanto non si sia disposti ad ammettere a oggi. Tuttora si evita di sfogliare, pagina dopo pagina, "l'album di famiglia" della violenza: lo squadrismo e il manganello appartengono sempre al fronte avverso.
Intervistato da Giralucci, Guido Petter: deceduto poco dopo il termine delle riprese. Nato a Luino, partigiano in Val D'Ossola durante il secondo conflitto mondiale e poi maestro elementare, verso la metà degli anni cinquanta si aggiudicò il concorso per la cattedra di Psicologia dello Sviluppo presso l'università di Trieste. Successivamente, fu chiamato a ricoprire la cattedra di Psicologia dell'Età Evolutiva presso la Facoltà di Magistero (Corso di Laurea in Pedagogia). Oppostosi alle violenze degli esponenti padovani di Autonomia Operaia all'interno della Facoltà di Magistero, il 14 marzo del 1979 fu vittima di una brutale aggressione sotto casa. A lui fu accollata la colpa di voler cambiare democraticamente le istituzioni. Giralucci guarda ai giorni che furono con sguardo distaccato. Questo il punto di forza della sua opera, proiettata tra gli eventi speciali del Fuori concorso della 69ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Una ragionata ricerca delle motivazioni della violenza politica, lungi da ogni condizionamento di parte.