venerdì 14 settembre 2012

Intervista ad Andrea Segre







Diari veneziani: 69ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia

 


di Chiara Roggino


A un anno esatto di distanza dal successo di pubblico e critica di Io sono Li, abbiamo incontrato Andrea Segre, di ritorno a Venezia per "ripresentare" il suo lungometraggio, in lizza per il Premio Lux e all'uopo ospitato in uno dei segmenti "collaterali" delle Giornate degli Autori. Ecco il resoconto di questa breve chiacchierata in esclusiva.


Hai alle spalle un'ampia esperienza nell'ambito del cinema documentario. Come e perché è nata l'idea di dirigere il tuo primo film di fiction?Non ho mai studiato Storia del Cinema, né frequentato scuole di cinema. Ho cominciato la mia avventura registica in qualità di realizzatore di documentari. Dopo un intenso percorso in ambito documentaristico ho avvertito l'esigenza di testare le mie capacità di lavorare con veri attori, imboccando una strada alternativa. Nel frattempo avevo incontrato la vera Shun Li, barista presso l'Osteria Paradiso, location della realizzazione filmica. Si è presentata pertanto l'occasione ideale per raccontare una storia che partisse da un elemento reale e da un luogo reale per divenire in seguito e al medesimo tempo finzione, poesia, metafora. Così è nata questa mia ultima gratificante esperienza. Io sono Li è stata una conferma: è fattibile unire documentario e finzione trovando il giusto compromesso per creare un ponte tra due isole, due territori che si contaminano vicendevolmente divenendo complementari. È questo un terreno di gioco e di sfida culturale che mi ha dato grandi soddisfazioni.
Venezia, la realtà chioggiotta: è la tua terra. Come ti sei trovato a dirigere nella piccola cittadina lagunare?
È la città dove mia mamma è nata e in cui in parte sono cresciuto. Città che sento un po' come casa madre. Un produttore tempo fa mi diceva: "Tanto prima o poi ogni regista finisce per parlare di sua mamma". Così è capitato anche a me. È un luogo che amo molto, un territorio che ha una forte identità-capacità di intrattenere un rapporto tra identità sociale e territorio. È stato quindi un piacevole reimmergersi in alcuni ricordi e al tempo stesso una sfida nel riuscire a raccontare quel luogo così identitario e così mio anche tramite lo sguardo di una straniera, di una donna molto diversa, molto lontana da quella realtà.
Vi sono citazioni poetiche all'interno del percorso filmico di Io sono Li. Quali? Ce ne spiegheresti il significato?
È un film che "viaggia" molto tra realtà e metarealtà. Una pellicola che cerca di unire sguardo documentaristico a sguardo poetico. Ho affrontato la sfida del raccontare la storia di una donna semplice ma profondamente dignitosa e coraggiosa, protagonista che filtra la realtà circostante attraverso il suo sguardo poetico, quasi sublime. Io e il cosceneggiatore Marco Petrelli abbiamo ritenuto giusto inserire nel film delle citazioni poetiche. La frase che tu riportavi (
"Il mare è maschio, la laguna è femmina", n.d.r.) è tratta da Il vecchio e il mare di Hemingway. Vi è poi tutto un percorso che insegue la produzione poetica di Qu Yuan. Io credo che in fondo la poesia sia lo strumento letterario più coraggioso nel rapporto col tuo intimo. È quello che centra il bersaglio di quella parte di tensione emotiva che fa parte del raccontare noi stessi. La poesia e con la poesia la canzone giacché la canzone d'autore è anche poesia. Ho amato molto confrontarmi con questo strumento.






Gli attori hanno attraversato per tua volontà un lungo "periodo di addestramento" per integrarsi nella realtà chioggiotta. Come è stato messo in pratica questo procedimento di preparazione?
Se cerchi di costruire delle contaminazioni devi avere pazienza. Non puoi pensare di generarle in brevi periodi. Sì, certo, possono esserci dei momenti di grazia in cui il lavoro riesce a concretizzarsi in breve tempo. Tuttavia, là dove decidi di scavare in merito alla profondità di questi particolari incontri, allora hai bisogno di tempo e spazio. Abbiamo dunque invitato gli attori professionisti a recarsi a Chioggia prima del tempo per stare nei bar, per andare a pescare con i pescatori del luogo. Contemporaneamente, ho chiesto ai pescatori chioggiotti di imparare a conoscere il linguaggio cinematografico.
Parlaci del tuo rapporto di collaborazione con Luca Bigazzi.
Mi ha insegnato buona parte di ciò che è fotografia nel cinema. Non avendo mai frequentato scuole di cinema, né messo in pratica nulla a livello tecnico, ho sempre improvvisato il mio sguardo sulla realtà. Luca mi ha aiutato a dare a questa improvvisazione, a questa intuizione, uno spessore artigianale: sapere come si trasformano le intuizioni in scelte fotografiche consapevoli affrontando le motivazioni inerenti al cosa e al come si vuole affrontare un percorso narrativo tramite immagini.
Io sono Li è in lizza al Premio Lux in competizione con Tabù di Miguel Gomes. Come ti rapporti innanzi al conseguimento di questo nuovo traguardo?
Il Premio Lux è uno fra i premi più intelligenti che sussistano all'oggi. Traducendo i film in ventitré lingue dai un valido supporto alla distribuzione nei paesi europei: un aiuto e un sostegno concreto molto fattivo, pratico e attuativo. Allo stesso tempo è un premio che ha il coraggio di abbracciare quella che è la dimensione storicamente più complessa e più incerta dell'identità europea: il confronto tra differenze e tensioni.


Problemi a livello distributivo? Quando avremo il piacere di acquistare il tuo film in DVD?
Mi dicono che il DVD uscirà a novembre-dicembre. La distribuzione è stata complessa, così come per gran parte delle opere prime. Si continua ad avere a disposizione
budget minimi nel sistema produttivo e distributivo, ma è stata una sfida che abbiamo percorso insieme a Francesco Bonsembiante e Francesca Feder con la voglia di costruire un progetto insieme, avvertendolo in qualità di sfida culturale e non soltanto come progetto finanziario.
Quale l'accoglienza di Io sono Li in Francia?
Molto buona. Ha avuto un'ottima critica, ottime recensioni di stampa, raggiungendo anche un risultato molto positivo a livello di pubblico. Durante un regime distributivo di oltre un anno abbiamo convogliato nelle sale circa novantamila spettatori.







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