Visualizzazione post con etichetta Judi Dench. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Judi Dench. Mostra tutti i post

giovedì 12 luglio 2012

Marilyn







Un film di Simon Curtis
Con Michelle Williams, Eddie Redmayne, Julia Ormond, Kenneth Branagh, Geraldine Somerville, Emma Watson, Judi Dench, Derek Jacobi
Titolo originale: My week with Marilyn
Genere: Commedia drammatica
Durata: 99 min.
Soggetto: Colin Clark
Sceneggiatura: Adrian Hodges
Produzione: David Parfitt
Produttore esecutivo: Bob Weinstein, Harvey Weinstein
Casa di produzione: The Weinstein Company, Lypsinc Productions, Trademark Films, Uk Film Council
Fotografia: Ben Smithard
Montaggio: Adam Recht
Scenografia: Donal Woods
Regno Unito 2011



di Chiara Roggino



Il giovane Clark, conseguita la laurea a Eton, decide di tentare l'avventura buttandosi a capofitto nel rutilante mondo dello spettacolo. Colin è la pecora nera della famiglia. Figlio dello storico d'arte di fama mondiale Kenneth Clark e fratello minore di un uomo politico, disattese le speranze di un genitore che avrebbe auspicato per il rampollo un futuro di alti incarichi nell'ambito di una professione 'patriarcale' tramandata da generazioni.
E' il 1957 e la Marilyn Monroe Productions (in collaborazione con la società cinematografica di Laurence Olivier) è in procinto di iniziare le riprese di un nuovo film: “Il principe e la ballerina”, tratto da una commedia di Terence Rattingam. A dirigere la pellicola, lo stesso Olivier. La testardaggine di Colin verrà premiata con la promozione a terzo assistente alla regia. Un'esperienza straordinaria per un sognatore incallito. Clark avrà modo di avvicinare e conoscere Marilyn, intrattenendo con la star hollywoodiana una breve relazione: una settimana soltanto. Abbastanza per innamorarsi della donna Norma Jeane, sufficiente per intuirne la disperazione, per tentare di salvarla da quella gabbia dorata che l'avrebbe condotta, anni dopo, alla morte. (sinossi)



Una donna in vestaglia raggomitolata a terra, in fondo alle scale: Norma Jeane Baker, per tutti Marilyn Monroe. Un blocco di appunti stretto tra le mani, lineamenti stravolti. Lacrime a solcarle il viso mentre un ragazzo magro la osserva in silenzio.
Il giovane è Colin Clark ( Eddie Redmayne) , allora ventitreenne, regista specializzato in film per il cinema e la televisione. Nel 1987 si ritirò dal mondo dello spettacolo per dedicarsi alla scrittura. Suoi due diari dal titolo “ The prince, the showgirl and me” e un libro di memorie “ My week with Marilyn”.

Simon Curtis, cinquant'anni, è uomo di teatro. I suoi esordi di carriera sono segnati da una stretta collaborazione in qualità di assistente alla regia presso il Royal Theatre di Londra. In seguito intrattiene un proficuo rapporto con la BBC, curando come produttore esecutivo più di cinquanta film che vedono in qualità di protagonisti numerose stelle del firmamento britannico: Alec Guinness, Kenneth Branagh, Maggie Smith, Ian McKellen, Judi Dench e Michael Gambon.
My week with Marilyn” (tratto dall'omonimo libro di Colin Clark), esordio alla regia sul grande schermo, assorbe e rivela pregi e difetti del teatro televisivo. Il film è assimilabile a una fiction di qualità media; unici punti di forza gli interpreti, tutti rigorosamente inglesi a esclusione della protagonista, Michelle Williams, giovane attrice americana.
Riportare in vita la donna-diva Monroe non è un'impresa da poco.
Il “mito Marilyn” fu un'operazione commerciale costruita ad hoc da parte di quella Hollywood Babilonia pronta a creare e distruggere feticci a proprio piacimento (“La tengono impasticcata. Temono che la loro mucca da mungere possa scomparire”).
Come ricreare sul grande schermo il volto e la leggenda di un'icona irripetibile? Scritturare una sosia non sarebbe stato sufficiente.
Curtis intraprende la ricerca di un'attrice di talento, quell'attrice che possieda il quid necessario per rendere palpabile e vera l'immagine di una donna sola, travagliata, estremamente insicura. Mai Norma Jeane Baker, solo Marilyn. “Non si può lasciare Marilyn da sola. Non ce la fa. E' convinta che prima o poi tutti l'abbandoneranno”.
La Williams, pur non rispecchiando i canoni estetici della diva che fu, offre una prova d'attrice più che convincente: misurata, mai sopra le righe.
Il suo sguardo perso nel vuoto è la disperazione di una donna che desidera una cosa soltanto: essere amata come un qualsiasi essere umano (“Chiedo solo di essere amata come una qualunque”).
Se a cinquant'anni Olivier rappresentava la tradizione britannica sul viale del tramonto, Marilyn, a trenta, incarnava lo spirito della nuova America: uno scontro culturale tra due icone.
Olivier ( uno splendido Kenneth Branagh) era una prima donna. Dalla sua una recitazione esteriore ed istrionica. Sapeva come incantare il suo pubblico e ottenere quel che voleva. Se questo si realizzava sulle tavole del palcoscenico, altra cosa avveniva nella vita reale. Lontano dai riflettori l'attore era l'ombra di se stesso.
Alla fine degli anni cinquanta Marilyn è devota discepola del metodo Strasberg. Era evidente che la sua inquietudine d'attrice fosse alla ricerca non di un insegnamento specifico, ma dell'insegnamento in quanto tale. Tra la diva Monroe e Strasberg si instaura così un rapporto di dipendenza e sudditanza. Paula Strasberg (Geraldine Somerville), moglie di Lee e sua actor coach, rappresentava l'urgenza di avere costantemente a fianco una figura di riferimento, un “guru” protettivo che la rassicurasse sulle proprie doti di performer. Secondo Paula il compito di un'attrice era quello di “trovare nel proprio passato un'esperienza simile per ricreare la giusta emozione”. Cercare a tutti i costi la verità dell'emozione. Se il prezzo da pagare era la follia o una recitazione in cui non sussisteva distanza tra attore e personaggio, poco importava. Olivier non potrà fare a meno di manifestarsi contrariato (“Stanislavskij e il Metodo vanno bene per le prove, ma non sono adatti per questo film. I tempi sono troppo stretti”).
I continui ritardi sul set della diva americana faranno andare il regista su tutte le furie. Ma alla fine, nonostante i numerosi litigi che rallenteranno la lavorazione di un film difficile da condurre a termine, l'attore dovrà riconoscere la grandezza di Marilyn. “Nessuna preparazione, né studio. Nessun trucco, tutto puro istinto. E' stupefacente. Probabilmente è questo che la rende così magnifica e così profondamente infelice. Ho fatto del mio meglio per cambiarla. Ma lei è rimasta favolosa nonostante me”.