Titolo
italiano: Gli insospettabili
Titolo originale: Sleuth
Paese/anno: USA, UK / 1972
Durata: 138'
Regia: Joseph L. Mankiewicz
Interpreti: Laurence Olivier, Michael Caine, Alec Cawthorne
Fotografia: Oswald Morris
Montaggio: Richard Marden
Scenografia: Ken Adam
Colonna sonora: John Addison
Titolo originale: Sleuth
Paese/anno: USA, UK / 1972
Durata: 138'
Regia: Joseph L. Mankiewicz
Interpreti: Laurence Olivier, Michael Caine, Alec Cawthorne
Fotografia: Oswald Morris
Montaggio: Richard Marden
Scenografia: Ken Adam
Colonna sonora: John Addison
Titolo
italiano: Sleuth - Gli insospettabili
Titolo originale: Sleuth
Paese/anno: USA, UK / 2007
Durata: 86'
Regia: Kenneth Branagh
Interpreti: Michael Caine, Jude Law
Fotografia: Haris Zambarloukos
Montaggio: Neil Farrell
Scenografia: Tim Harvey
Colonna sonora: Patrick Doyle
Titolo originale: Sleuth
Paese/anno: USA, UK / 2007
Durata: 86'
Regia: Kenneth Branagh
Interpreti: Michael Caine, Jude Law
Fotografia: Haris Zambarloukos
Montaggio: Neil Farrell
Scenografia: Tim Harvey
Colonna sonora: Patrick Doyle
di
Chiara Roggino
Un'ombra
a lato del proscenio. Sagoma buia, ne intravediamo appena le
fattezze. Un uomo con cappello: detective St. John Lord Merridew. E
ancora miniature, una dopo l'altra, microplastici di scenografie
incorniciate da pesanti drappi,sipari scarlatti a spalancarsi sulle
mirabolanti imprese del protagonista originato dalla fantasia di
Andrew Wyke, scrittore di gialli rigorosamente ambientati in
"location"
aristocratiche (poiché “Il
romanzo giallo è la ricreazione congegnale alle menti nobili”).
E infine un trompe l'œil
: la tela si solleva su uno scenario vivo, una villa immersa nella
verde campagna inglese. E' sufficiente un rapido zoom per accostarci
all'edificio e assistere all'incipit del “gioco”, sfiorando le
mura, muovendosi fianco a fianco insieme al nuovo arrivato. Un certo
Milo Tindle, si dice, parrucchiere per signora.
Un lento piano
sequenza dall'alto ne segue i passi attraverso l'intricato labirinto
di siepi. A guidarlo una voce in lontananza, stentorea, altisonante.
Si suppone quella del padrone di casa.
Buio. Quindici anni dopo,
un nuovo pubblico davanti al grande schermo. In principio è il
ticchettio dei tasti di un computer: un complesso sistema di
sorveglianza elettronica. Lo spettatore è così scaraventato a forza
all'interno di un'esperienza metacinematografica sotto ogni aspetto:
cinema nel cinema. Al di là dello schermo del vigile apparato di
sicurezza prende vita un nuovo film. L'immagine ora è decolorata.
Una macchina parcheggia davanti a un lussuoso maniero.
Solo un braccio sporge dalla porta principale della magione. Quello
del padrone di casa, si suppone. Il nuovo arrivato si presenta come
Milo Tindle: attore disoccupato di professione, chaffeur part-time.
Sleuth (Gli insospettabili, 1972), ultima pellicola del cineasta Joseph L. Mankiewicz (Schiavo del passato, Eva contro Eva, Improvvisamente l'estate scorsa) è il fedele adattamento della pièce teatrale composta da Antony Shaffer, il quale per l'occasione operò in veste di sceneggiatore. Protagonisti d'eccezione Laurence Olivier e Michael Caine. Nel 2007 il britannicissimo Kenneth Branagh realizza (su sceneggiatura di Harold Pinter) un rifacimento della pellicola là dove lo stesso Caine ricoprirà il carattere allora interpretato da Olivier e Jude Law quello del giovane antagonista incarnato sul grande schermo dall'attore londinese. I ruoli si invertono, gli scenari mutano aspetto, le storie si aggrovigliano prendendo pieghe inaspettate, fino agli antipodi.
Fu Shaffer a dichiarare quanto la commedia avesse
tratto in parte ispirazione da uno dei suoi più cari amici, Stephen
Sondheim, il cui morboso interesse per i giochi e i divertissements
rifletteva in parte il carattere dell'eccentrico Andrew Wike. La
prima rappresentazione del dramma, interpretata da Anthony Quayle e
Keith Baxter, debuttò al teatro Saint Martin di Londra.
Parlando con Mel Gussow del New York Times nel novembre del 1970, Shaffer dirà : "I gialli di Agata Christie sono ormai anticaglia. Essi presentano il misterioso simulacro di un'Inghilterra defunta trent'anni or sono, una società fortemente strutturata per divisione in classi. La vittima, l'assassino e il detective erano tutti signori o signore dell'alta nobiltà". Continua a spiegare: "Il mistero ha bisogno di una nuova mano di vernice fresca per dare nuovo smalto a qualsivoglia intreccio di genere. Servono nuove idee. Sono perfettamente cosciente che esse potrebbero originare da un processo creativo di complessa e difficile attuazione”.
Discorrendo di sceneggiatori d'alta levatura, tra Aaron Sorkin, David Mamet e Ben Hecht, Antony Shaffer rientrerebbe a pieno diritto all'interno del mazzo. Se amate dialoghi incalzanti al limite della perfezione il prossimo film a cui dare la caccia è certamente Sleuth ( Mankiewicz). Il set è la storia di un gioco a due, trastullo offensivo sfaccettato tra travestimenti e scambi di ruolo là dove il più forte prende il posto del più debole e viceversa. Lo spettatore riconoscerà subitamente l'ossessione per i travestimenti e le sciarade, peculiarità del personaggio Andrew Wykes (Olivier). I dettagli sparsi per la nobile magione non sono certo irrilevanti.
Parlando con Mel Gussow del New York Times nel novembre del 1970, Shaffer dirà : "I gialli di Agata Christie sono ormai anticaglia. Essi presentano il misterioso simulacro di un'Inghilterra defunta trent'anni or sono, una società fortemente strutturata per divisione in classi. La vittima, l'assassino e il detective erano tutti signori o signore dell'alta nobiltà". Continua a spiegare: "Il mistero ha bisogno di una nuova mano di vernice fresca per dare nuovo smalto a qualsivoglia intreccio di genere. Servono nuove idee. Sono perfettamente cosciente che esse potrebbero originare da un processo creativo di complessa e difficile attuazione”.
Discorrendo di sceneggiatori d'alta levatura, tra Aaron Sorkin, David Mamet e Ben Hecht, Antony Shaffer rientrerebbe a pieno diritto all'interno del mazzo. Se amate dialoghi incalzanti al limite della perfezione il prossimo film a cui dare la caccia è certamente Sleuth ( Mankiewicz). Il set è la storia di un gioco a due, trastullo offensivo sfaccettato tra travestimenti e scambi di ruolo là dove il più forte prende il posto del più debole e viceversa. Lo spettatore riconoscerà subitamente l'ossessione per i travestimenti e le sciarade, peculiarità del personaggio Andrew Wykes (Olivier). I dettagli sparsi per la nobile magione non sono certo irrilevanti.
A
partire dal grottesco Jack Molina, automa ad altezza umana di
marinaio ubriacone in grado di ridere a comando, se sollecitato da un
pulsante, l'occhio del pubblico potrà spaziare aggirandosi in
libertà tra bambole che suonano il piano, bambole che danzano
adornate di ghirlande floreali, statuette di mandarini che
sorseggiano il the. Allo stesso modo anche il gusto arcaico per la
musica d'altri tempi (Cole Porter in particolare) lascia subodorare
l'ombra di un personaggio doppio, costretto a giocare un ruolo nella
vita, sempre il medesimo, fino all'irreversibile finale.
Il gioco è peculiarità per una costante lotta al potere. Chi lo detiene, chi domina e chi ne è succube? Inizialmente sembra che Wike abbia Tindle in pugno, tanto da trasformare il giovane latin lover in buffone con le carte in regola: Joy, clown calzato e vestito. Milo, viveur quasi libero dalla vergogna derivante da umili origini nonché da un pesante fallimento economico familiare, finisce per ritrovarsi, a suo modo, nelle vesti di un ladruncolo da quattro soldi. Se Laurence Olivier fu "materiale" di prima scelta per il ruolo del celebre autore di gialli Andrew Wyke, Michael Caine non fu il primo candidato per il parvenu Milo Tindle. Albert Finney fu precedentemente preso in considerazione per essere successivamente respinto (alcuni dicono perché in sovrappeso). Caine fu inizialmente intimidito al pensiero di lavorare con Olivier tanto da non sapere come rivolgersi al Sir del teatro anglosassone. Ma i due divennero presto amici, instaurando sul set un ottimo rapporto consequenziale ad un altrettanto strepitoso affiatamento tra performers.
Il gioco è peculiarità per una costante lotta al potere. Chi lo detiene, chi domina e chi ne è succube? Inizialmente sembra che Wike abbia Tindle in pugno, tanto da trasformare il giovane latin lover in buffone con le carte in regola: Joy, clown calzato e vestito. Milo, viveur quasi libero dalla vergogna derivante da umili origini nonché da un pesante fallimento economico familiare, finisce per ritrovarsi, a suo modo, nelle vesti di un ladruncolo da quattro soldi. Se Laurence Olivier fu "materiale" di prima scelta per il ruolo del celebre autore di gialli Andrew Wyke, Michael Caine non fu il primo candidato per il parvenu Milo Tindle. Albert Finney fu precedentemente preso in considerazione per essere successivamente respinto (alcuni dicono perché in sovrappeso). Caine fu inizialmente intimidito al pensiero di lavorare con Olivier tanto da non sapere come rivolgersi al Sir del teatro anglosassone. Ma i due divennero presto amici, instaurando sul set un ottimo rapporto consequenziale ad un altrettanto strepitoso affiatamento tra performers.
Internamente
ad un percorso critico che intenda mettere a confronto due pellicole
di uguale origine ma di differente matrice (Mankiewicz da una parte,
Branagh dall'altra) il gioco si fa duro. Apprestandoci ad un'analisi
filmica che accosti due opere tanto diverse, semplificheremo
l'approccio sfaccettato tra divergenze e punti in comune attraverso
l'utilizzo di tre cardini ad assumere la fisionomia di tre parole
chiave: luogo (qual è l'ambientazione del film?), caratteri e
intreccio.
Mankiewicz ambienta le vicende dei suoi protagonisti all'interno di una villa padronale là dove dialoghi e azione avverranno quasi interamente entro le pareti domestiche: un salone arredato da bizzarre chincaglierie (automi, pupazzi, souvenirs d'ogni genere e provenienza), una scala che conduce al piano superiore, la camera da letto di Margherita (donna contesa dai due duellanti). La location è congegnale al dipanarsi della storia. Gli stravaganti arredi interni al maniero sono lo specchio fedele della psicologia-visione del mondo del giocatore Wike (personaggio rappresentato d'innumerevoli fratture-scarti caratteriali, puzzle carente di tasselli, rompicapo d'altri tempi, incarnazione perfetta di quella nobiltà compiaciuta di sé, sprezzante della middle class e di tutti i suoi membri, indistintamente).
Da canto suo Branagh allestisce come sfondo alla lotta tra Caine e Law un'altrettanto nobile dimora, arredata alla foggia di un immenso salone di bizzarra arte contemporanea. Tromps l'oeils ancora in bella vista, un ascensore al centro della scena, complessi apparati di luci al neon attivabili tramite telecomando: emananti talora luce fredda, glaciale, talora spunto per una fotografia in cui predominano filtri blu, adatti ad accrescere l'atmosfera del gioco.
Mankiewicz ambienta le vicende dei suoi protagonisti all'interno di una villa padronale là dove dialoghi e azione avverranno quasi interamente entro le pareti domestiche: un salone arredato da bizzarre chincaglierie (automi, pupazzi, souvenirs d'ogni genere e provenienza), una scala che conduce al piano superiore, la camera da letto di Margherita (donna contesa dai due duellanti). La location è congegnale al dipanarsi della storia. Gli stravaganti arredi interni al maniero sono lo specchio fedele della psicologia-visione del mondo del giocatore Wike (personaggio rappresentato d'innumerevoli fratture-scarti caratteriali, puzzle carente di tasselli, rompicapo d'altri tempi, incarnazione perfetta di quella nobiltà compiaciuta di sé, sprezzante della middle class e di tutti i suoi membri, indistintamente).
Da canto suo Branagh allestisce come sfondo alla lotta tra Caine e Law un'altrettanto nobile dimora, arredata alla foggia di un immenso salone di bizzarra arte contemporanea. Tromps l'oeils ancora in bella vista, un ascensore al centro della scena, complessi apparati di luci al neon attivabili tramite telecomando: emananti talora luce fredda, glaciale, talora spunto per una fotografia in cui predominano filtri blu, adatti ad accrescere l'atmosfera del gioco.
Sir
Laurence Olivier è perfettamente a suo agio nelle vesti del celebre
e spocchioso scrittore di gialli. Fin dalle prime inquadrature lo
vedremo camminare avanti e indietro con passo austero e nobile
cipiglio: l'uomo e l'artista simulano il monologo finale del
detective St. John Lord Merridew. Il divo del teatro shakespeariano
non potrebbe essere più a suo agio. La voce risuona stentorea mentre
ampi gesti accompagnano la declamazione del fatale verdetto. Da parte
sua Caine, internamente al percorso filmico allestito da Branagh,
sguazzerà come un pesce nell'acqua.
Già nel 1972, diretto da
Mankiewicz, egli affermerà di prediligere , tra i due, il carattere
affidato a Olivier. Una recitazione, la sua, al limite della
gigioneria e della "macchietta", pur efficace a suo modo,
specie nella prima parte del film. Per quel che concerne il
personaggio-Milo, Caine e Law non potrebbero essere più diversi tra loro.
Se il primo si presenta come uomo di bassa estrazione, gentleman ripulito a dovere vestito alla moda, sorriso sornione stampato sulle labbra, Law, da parte sua non sarà più un coiffeur per signora (anche se Wike non farà che sminuirlo definendolo spregevolmente più e più volte “parrucchiere”), ma un attore, disoccupato sì, ma pur sempre un attore.
Se il primo si presenta come uomo di bassa estrazione, gentleman ripulito a dovere vestito alla moda, sorriso sornione stampato sulle labbra, Law, da parte sua non sarà più un coiffeur per signora (anche se Wike non farà che sminuirlo definendolo spregevolmente più e più volte “parrucchiere”), ma un attore, disoccupato sì, ma pur sempre un attore.
Ma
Mankiewicz ha dalla sua un asso vincente. Shaffer, autore della
commedia, curerà la sceneggiatura del film dalla prima all'ultima
battuta. Un finale perfetto per una perfetta chiusura del cerchio
quella dell'originale Sleuth.
I giocatori si scambiano di ruolo fino all'inevitabile, spietato the
end.
Se nella prima parte della pellicola Branagh allestisce un esercizio
di stile affascinante con vette d'alto convincimento, internamente
alla seconda metà del gioco il mazzo di carte gli cade di mano. Re e
regine, assi e bastoni si sparpagliano a terra sì che il film
comincia a perdere colpi. Perché non rispettare la sceneggiatura
della pièce di Shaffer? L'autore procede a casaccio, a briglia
sciolta, venendo a strutturare situazioni narrative di scarsa se non
nulla efficacia. Così sarà ridicolo l'approccio pseudo omosessuale
dello scrittore di gialli nei confronti del giovane attore. La
situazione si presenterà al limite del grottesco, attaccata
maldestramente al resto delle pellicola con un nastro adesivo di
scarsa tenuta. Allo stesso modo, il finale concepito da Branagh con
l'ausilio del povero Pinter sarà una conclusione del tutto casuale,
messa in piedi su basi inconsistenti. Un retrogusto amaro rimarrà in
bocca allo spettatore, cosciente di aver assistito a una chiusura di
sipario tirata per i capelli, messa in scena senza un concreto
perché.